Riceviamo da Don Alessio Magoga, Direttore responsabile de L’Azione, il settimanale della Diocesi di Vittorio Veneto e ben volentieri pubbliciamo, l’editoriale con il messaggio del Patriarca di Venezia Monsignor Franceso Moraglia.
La beatificazione di Albino Luciani – Giovanni Paolo I costituisce, nel contesto dell’attuale Cammino sinodale, un evento che unisce ancor più le Chiese della Regione Ecclesiastica del Triveneto di cui il patriarca Luciani fu presidente per otto anni fino all’elezione papale.
Il nome di questo umile figlio delle terre venete, il prossimo 4 settembre, verrà solennemente iscritto nella lista dei beati; in tal modo la Chiesa ne riconosce ufficialmente la santità e lo indica come esempio di vita.
Luciani nacque a Canale d’Agordo nella diocesi di Belluno-Feltre, fu vescovo di Vittorio Veneto, patriarca di Venezia e, per soli 33 giorni, Sommo Pontefice della Chiesa universale.
Grazie all’attenta e scrupolosa documentazione raccolta nel corso della causa di beatificazione, la figura di Albino Luciani – uomo, prete, vescovo e papa – ci viene ora riconsegnata “libera” da ogni stereotipo.
Il suo motto episcopale – Humilitas – ne spiega la forza interiore e la fedeltà al Vangelo del quale volle essere sempre testimone. Anche di quelle pagine scomode che oggi si dicono “politicamente scorrette”.
L’umiltà, infatti, riconosce il primato di Dio lasciandosi interrogare dai segni dei tempi anche se non sono di facile discernimento e richiedono, in più, il contributo della sofferenza personale.
Le parole con cui iniziò il ministero episcopale a Venezia ne rivelano l’anima: “Dio… certe cose grandi ama talvolta scriverle non sul bronzo o sul marmo, ma addirittura sulla polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata o dispersa dal vento, risulti chiaro che il merito è tutto e solo di Dio. Sono io la polvere”.
Albino Luciani fu un instancabile lavoratore della vigna del Signore, obbedendo con semplicità al progetto di Dio anche quando gli costava.
Chiamato a decisioni non facili ebbe sempre per criterio il Vangelo, senza cedere ad ambiguità o comodi compromessi, desiderando servire la Chiesa e caricandosi della propria parte di sofferenza.
Riletta a distanza di tempo la sua vita costituisce, innanzitutto, una di quelle “sorprese” con cui Dio scompagina la storia e i progetti degli uomini. Evidenzia, poi, quei tratti di semplicità (non ingenuità) e di limpidezza che si univano ad un’intelligenza viva (lo rivelano i suoi scritti) e ad un carattere fermo quando riteneva in gioco la volontà di Dio e il bene delle anime.
Il teologo Divo Barsotti, del quale è stata da poco introdotta la causa di beatificazione, riflettendo sul brevissimo periodo in cui Giovanni Paolo I fu vescovo di Roma scrisse: “Quest’uomo è stato con noi soltanto per rivelarci la semplicità di Dio e questa lezione vale più di tante lezioni teologiche”.
Umiltà e fortezza: è l’insegnamento che il nuovo beato offre alle nostre Chiese, impegnate con entusiasmo e gioia nel Cammino sinodale. Nello stesso tempo chiede a tutti noi – vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e laiche – libertà e fedeltà nel “raccontare” l’amore di Dio sempre e comunque, senza temere il giudizio degli uomini.
✠ Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia
Presidente della Conferenza Episcopale Triveneta