A chiusura della Stagione Lirica 2021-2022, il Teatro La Fenice risuona della freschezza della vita e del canto della Fille du régiment di Gaetano Donizetti.
L’opera, un nuovo allestimento della Fenice realizzato in coproduzione con il Teatro Regio di Torino, presentata in una messinscena di Barbe&Doucet – alias Renaud Doucet e André Barbe – con la direzione musicale di Stefano Ranzani.
Nel cast figurano il tenore John Osborn nel ruolo di Tonio, il soprano Maria Grazia Schiavo in quello di Marie e Marisa Laurito nel ruolo recitato della Duchesse Krakenthorp. Bene la prima dello scorso venerdì 14, e la replica di domenica, per altro trasmessa in diretta radiofonica su Rai Radio3., alla quale seguono altre quattro repliche sempre in questi giorni, ovvero: il 18, 20 e 22 prossimi.
Prima opera francese del compositore italiano data a Parigi, l’opéra-comique in due atti su libretto di Jean-François-Alfred Bayard e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges si inserisce nel contesto della febbrile attività di Donizetti nella capitale degli anni 1839-40: qui debuttò, all’Opéra-Comique, l’11 febbraio 1840, e fu proprio nel contesto di questo debutto che Hector Berlioz, elencando gli impegni parigini del collega italiano, parlò di una «guerra di invasione. Non potremo più parlare dei teatri lirici di Parigi – scrisse – ma dei teatri di Donizetti». Dopo la fredda accoglienza iniziale, la Fille ottenne un successo sempre crescente, tanto che ai primi del Novecento le sue recite all’Opéra-Comique superavano il migliaio: un primato assoluto, in quel teatro, per un’opera di un compositore non francese.
«È indiscutibile che Donizetti, dopo il suo capolavoro, Lucia di Lammermoor, di quasi cinque anni precedente, fosse già famoso – ha spiegato il direttore d’orchestra Stefano Ranzani –. Da noi era già considerato uno dei punti di arrivo della musica del tempo. Anche all’epoca però, come oggi, senza uscire dall’Italia non si acquisiva visibilità internazionale. Quindi decide di frequentare Parigi, così come del resto fanno anche Rossini e Verdi. E per accattivarsi le simpatie del pubblico, che lo conosceva come compositore prettamente italiano, sceglie di scrivere un’opera in francese. Ma la cosa interessante è che non prende e ‘adatta’ lavori precedenti, come aveva fatto poco tempo prima con Lucie de Lammermoor, ma al contrario compone un’opera espressamente per il teatro che la ospiterà, l’Opéra-Comique, con le peculiarità che quel luogo presenta. A mio parere, in quel periodo la musica di Donizetti, benché non potesse che ispirarsi a quella di Rossini, se ne discosta progressivamente. E con La Fille du régiment crea quello che oserei definire una specie di Singspiel, non un’opera buffa recitata. Mi pare evidente il suo desiderio che fosse certamente apprezzato l’aspetto musicale, ma che lo fossero in ugual modo le sue idee drammaturgiche. Diversamente dalle opere buffe di Rossini, prendiamo Il barbiere di Siviglia o L’italiana in Algeri, in cui il carattere comico è del tutto prevalente, qui le scene sono sì buffe ma contengono anche una certa drammaticità. Donizetti -conclude il direttore d’orchestra Stefano Ranzani- ha l’abilità di inserire sempre qualche lato drammatico all’interno di una storia comica come quella della Fille. E ottiene questo risultato anche attraverso i dialoghi».
«Come in generale per ogni spettacolo che abbiamo affrontato – hanno spiegato i registi, scenografi e costumisti Barbe&Doucet – abbiamo guardato La Fille du régiment nel modo più tradizionale possibile, prendendo in considerazione la situazione in cui l’opera nasce. La cosa interessante, in questo caso, è che si tratta dell’epoca in cui il corpo di Napoleone è stato riportato a Parigi, agli Invalides, con una forte ondata di patriottismo in Francia. Ho anche letto che originariamente, quando si stava cominciando a discutere sul libretto, si era immaginato di ambientarlo a Bologna con soldati austriaci. Una storia totalmente differente, ma gli stessi sentimenti: due giovani che si innamorano del rispettivo nemico. Quindi, ciò che per noi è importante è focalizzarci più che sui fatti storici sui sentimenti che vi stanno dietro. Concentrandoci sulla seconda guerra mondiale, abbiamo voluto realizzare non soltanto un lavoro sulla guerra, ma sulla memoria della guerra. E quando con André abbiamo discusso sulla drammaturgia, ci siamo ricordati che per esempio mia nonna ha attraversato quel conflitto: è ancora viva, novantanovenne, e ci ha raccontato quegli eventi, perché a quei tempi era attiva come infermiera e si è presa cura di molta gente. Ecco com’è cominciato tutto: facendo parlare le persone della guerra».
La nuova produzione del Teatro La Fenice della Fille du régiment vedrà impegnati come interpreti, in ordine di locandina, Natasha Petrinsky nel ruolo della Marquise de Berkenfield; Armando Noguera in quello di Sulpice; John Osborn sarà Tonio; Maria Grazia Schiavo, la bella vivandiera Marie; Marisa Laurito nel rjuolo recitato della Duchesse de Crakentorp; Guillaume Andrieux in quello di Hortensius; completano il cast gli artisti del Coro Dionigi D’Ostuni e Mathia Neglia in alternanza come paysan; Matteo Ferrara come caporal e Federico Vazzola come notaire. Maestro del Coro Alfonso Caiani.
La Fille du régiment, in scena in lingua originale con sopratitoli in italiano e in inglese, sarà proposta nell’edizione critica di cura di Claudio Toscani di Casa Ricordi di Milano e Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo. Cinque le repliche: venerdì 14 ottobre 2022 ore 19.00 turno A; domenica 16 ottobre ore 15.30 turno B; martedì 18 ottobre ore 19.00 turno D; giovedì 20 ottobre ore 19.00 turno E; sabato 22 ottobre ore 15.30 turno C.