Il primo bilancio del 2023: confermato il fatturato di quasi 1,4 miliardi di euro nonostante la chiusura di 250 aziende, soia prima coltura, bene frumento tenero. Lorin: “Dopo la protesta a Bruxelles e l’attenzione da parte delle istituzioni la nostra battaglia non si ferma”
3 febbraio 2024. “L’agricoltura padovana resiste e anche in un anno tutt’altro che facile come il 2023, segnato da eventi estremi, dalla speculazione e dalla turbolenza dei mercati, il settore conferma il suo fatturato, di poco inferiore a 1,4 miliardi di euro. Però ci troviamo a fare i conti con un’Europa che non ci piace e che continua a penalizzare chi vive e lavora di agricoltura. Siamo tornati da Bruxelles con dei primi risultati e segnali di attenzione da parte delle istituzioni, ma non basta. La battaglia per garantire dignità e giusto reddito agli agricoltori non si ferma”. Così Roberto Lorin, presidente di Coldiretti Padova, due giorni dopo la manifestazione davanti al Parlamento Europeo con centinaia di agricoltori arrivati da tutta Italia. “I dati appena diffusi da Veneto Agricoltura confermano la resilienza e la tenuta dell’agricoltura veneta, con un incremento del 2,4 per cento, e padovana. Nella nostra provincia paghiamo il prezzo più alto in termini di chiusure di aziende, 250 nel corso del 2023, che portano il totale di imprese agricole a quota 10.828. Ma questo ulteriore calo non ha fermato la capacità di fare reddito dell’intero settore primario padovano, l’impegno quotidiano di migliaia di imprenditori che nonostante gli ostacoli che arrivano dall’Ue continuano a lavorare e a garantire cibo di qualità. E’ a loro che guardiamo ed è per loro che continueremo nella nostra azione in Europa”.
Tornando ai dati di Veneto Agricoltura per la provincia di Padova va registrata la battuta d’arresto del mais, che perde il primato della coltivazione più diffusa scendendo dai 30.800 ettari del 2022 ai 23.700 dello scorso anno (-23,3%) con un fatturato di poco superiore ai 60 milioni di euro. Netto balzo in avanti, invece, per il frumento tenero che fa di Padova la prima in Veneto con 27.400 ettari (+32,6% rispetto al 2022) e un fatturato destinato a superare i 56 milioni di euro. Cresce anche il frumento duro coltivato in 2.800 ettari (+16%). Ma è la soia a diventare la coltivazione più diffusa nel padovano, che detiene anche il primato in Veneto, con 30.750 ettari, nonostante il calo di superficie del 9,1%, ma con una decisa spinta in alto sul fatturato, atteso oltre i 40 milioni, viste le condizioni favorevoli che aumentano la resa del 48%. In controtendenza rispetto al dato regionale a Padova cresce del 26% anche l’orzo, coltivato su 6.950 ettari. Segna un deciso balzo in avanti la barbabietola con una resa cresciuta del 47% e una estensione su 1.060 ettari nel 2023, superficie destinata ad un ulteriore incremento quest’anno, come anticipato dai dati dei produttori bieticoli. Bene anche il girasole che si porta a 1.550 ettari (+51%) e la colza che nella nostra provincia raddoppia, passando da 830 a 1.850 ettari. Nonostante il clima sfavorevole cresce del 6% il radicchio coltivato su 745 ettari, mentre le patate con 380 ettari calano del 23,8%. L’asparago segna in leggero incremento del 2,6% ed è coltivato su 700 ettari, sostanzialmente stabile la mela con 405 ettari mentre le pere scendono a 220 ettari (-17,9%) e le olive sono stabili a 245 ettari. Gettando lo sguardo agli altri comparti tiene il latte con un aumento del 2% della produzione e del prezzo che spinge il fatturato ad un +8%. Cala invece la produzione di carne bovina e suina mentre torna in territorio nettamente positivo l’avicoltura non più gravata dall’emergenza aviaria.
“Mentre eravamo ancora in piazza a Bruxelles – aggiunge Lorin – sono arrivate le prime reazioni di sostegno da parte dei vertici istituzionali. Dalla premier italiana Giorgia Meloni al Commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, dalla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen al presidente del Consiglio Ue Charles Michel, dai Governatori Michele Emiliano e Alberto Cirio a numerosi europarlamentari, tutti hanno espresso vicinanza alla nostra protesta e assunto primi impegni rispetto al piano “Non è l’Europa che vogliamo” che abbiamo presentato”.
Ieri intanto è arrivata una prima vittoria, sulla questione del prezzo del latte. L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) ha riscontrato delle violazioni della norma sulle pratiche sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare relativamente ai contratti sul latte stipulati con gli allevatori italiani dalla multinazionale francese Lactalis, i cui rappresentanti saranno presto ascoltati al Ministero. La vertenza è stata aperta dalla Coldiretti a settembre con la denuncia della multinazionale francese Lactalis (che ha acquisito i marchi italiani Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli) per aver modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte, diminuendo i prezzi riconosciuti e introducendo anche un nuovo indice collegato tra l’altro alle quotazioni del latte europeo non concordato e fortemente penalizzante per i produttori italiani, già fortemente penalizzati dal caro costi.
“La legge nazionale, infatti ha recepito una direttiva europea, fortemente voluta proprio dalla Coldiretti, – aggiunge Lorin – e indica tra le pratiche sleali pagamenti non connessi alle vendite, contratti non scritti e prezzi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori inferiori ai costi di produzione. Ed è quest’ultima la situazione che si è verificata con la modifica delle condizioni contrattuali che hanno comportato un taglio dei prezzi riconosciuti agli allevatori.
Dopo la denuncia sono scattate le verifiche e sotto la lente dell’Icqrf sono finiti tutti i contratti e le variazioni intervenute da parte della multinazionale. E sono scattate le contestazioni. Se il procedimento si concluderà con la condanna del più grande gruppo industriale del latte in Italia e in Europa sarà un risultato importante per tutto il mondo agricolo.
Il nostro presidente nazionale Ettore Prandini a Bruxelles ha avuto una serie di incontri per illustrare le ragioni della manifestazione. Ha spiegato che non sarà accettato nessun taglio alle risorse economiche della Politica agricola comune (Pac) agli agricoltori poiché oggi occorre assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale. Serve cancellare definitivamente, ha ribadito Prandini, l’assurdo obbligo di lasciare i terreni incolti che mina la capacità produttiva della nostra agricoltura e favorisce paradossalmente le importazioni dall’estero di prodotti alimentari che non rispettano le stesse regole di quelli europei in materia di sicurezza alimentare, ambientali e di rispetto dei diritti dei lavoratori. Un caso eclatante è il Mercosur, l’accordo commerciale con i Paesi sudamericani che va respinto. Da qui la richiesta di introdurre il criterio di reciprocità delle regole produttive.
Il caso dei terreni incolti è solo uno dei vincoli che da Timmermans in poi hanno cercato di inserire , ha denunciato Prandini, con regole che penalizzano la capacità produttiva Ue e appesantiscono il lavoro degli agricoltori, ingiustamente visti come inquinatori, mentre sono proprio loro a garantire la tutela dell’ambiente. Si va dalla direttiva che vorrebbe dimezzare l’uso dei prodotti fitosanitari lasciando molte coltivazioni prive di difesa contro insetti e malattie, all’equiparazione degli allevamenti alle fabbriche. Occorrono anche mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione anche in Europa”.
nelle foto Coldiretti Padova alla manifestazione di Bruxelles