CITTA’ D’ACQUE
Visitate le Porte d’ingresso, facciamo ora qualche giro all’interno della città, la cui struttura medioevale è caratterizzata da Portici, da Barbacani, e ancor più dai Cagnani.
Treviso, di origine paleoveneta, ha una storia lunghissima, e dei suoi periodi di maggior rilievo ne rimane traccia. È piccola la città, a misura d’uomo, se si ha fretta, si attraversa in breve tempo. È però interessante visitarla con calma, ad apprezzarne le particolarità. Si respira aria di cultura, in centro storico. Nel ‘300 ebbe la sua università, una delle prime in Italia.
Del suo aspetto culturale se ne avverte la presenza già entrando in città dalla Porta San Tomaso: Chi accedeva dalla campagna, s’imbatteva nella scritta in dialetto “Porta de San Thomaso”; per chi invece era all’interno, c’era la scritta in lingua latina “Porta Sancti Thomae – Dominus custodiat introitum et exitum tuum”.
Iscrizioni simili le troviamo a Porta Santi Quaranta, e già questo evidenzia l’aristocrazia della Treviso del tempo. Anche qui, nel sottotetto della Porta, è la sala d’armi. Ed è da qui che diamo inizio ad una passeggiata. Varcata la Porta, essa stessa interessante per lo schema tripartito della struttura e per i singolari altorilievi, troviamo Borgo Mazzini e piazzale Burchiellati dove al martedì e al sabato, si svolge il mercato. Borgo Mazzini è a ridosso delle mura cinquecentesche, visitabili anche nella parte ipogea progettata per la difesa, quindi cannoni nelle loro postazioni, il sistema bastionato.
S’incontra dapprima sulla sinistra il palazzo Salce, luogo che ha per me intensi ricordi di gioventù. Non ancora ventenne, intimo di famiglia, mi recai in casa del signor Salce, per ricevere in dono un cagnolino di “pastore tedesco”, frutto della cucciolata di femmina con pedigree, convogliata a nozze con altro della sua razza in purezza. Di quella casa mi colpiva maggiormente il locale cucina, di dimensioni molto ampie,
e soprattutto con una lunga serie di rami. Mi erano sempre piaciuti i rami, a casa i miei ne avevano alcuni, ne ero affezionato, li possiedo ancora, e ne ho cura. Quelli che mi sono trovato in casa Salce (secchi, pentole, padelle ecc.) appesi a decorare le lunghe pareti di quella cucina mi piacquero molto, me li ricordo ancora. Il signor Salce mi portò poi in giro per il palazzo, volle farmi conoscere la sua collezione di manifesti da lui raccolti negli anni, e sistemati in apposite teche. Ricordo di averne visti di belli, ma la cosa non suscitava in me più di tanto interesse. Cinquant’anni dopo, quei manifesti sono diventati importanti per me e per il mondo; ora sono nella chiesa sconsacrata di S.ta Margherita, a Treviso, costituiscono l’importante museo nazionale.
Da qui si fa opportuna una visita alla vicina chiesa di S.ta Caterina, sorta nel ‘300, là dov’era la residenza dei Da Camino, signori di Treviso. Il luogo è particolarmente bello. Conserva pregiati affreschi di Gentile da Fabriano, il ciclo della Cappella degli Innocenti, le Storie di Sant’Orsola di Tomaso da Modena, e due incantevoli chiostri del ‘500. E poi, ospita il gradevole museo.
Volgendo l’interesse a occidente, al limite di piazzale Burchiellati, ci imbattiamo in uno dei posti più emblematici di Treviso, il Ponte de Pria. È questo un solido ponte a schiena d’asino, che in sette arcate riceve le acque del Cagnano (Botteniga), e le fa entrare in città nei tre rami principali: Cagnan Grando, canale dei Buranelli e Roggia. L’opera, come già detto, va ascritta a Frà Giovanni Giocondo, che nel ‘500 provvide a fortificare Treviso per conto della Serenissima.
Ognuno dei tre corsi d’acqua fa in centro un tragitto diverso, passando sotto a numerosi ponti e ponticelli, ad arricchire la visione dell’intera città, e dandole la nomea di “città d’acque”
-Il percorso del Cagnan Grando crea numerosi scenari piacevoli, per l’acqua e per le case e i palazzi sorti sulle rive. In pieno centro storico, lambisce la Pescheria, angolo che ha storia. Fino a metà ottocento, infatti, Il mercato del pesce era situato dietro “Piazza dei Signori”, ed erano frequenti le lamentele degli abitanti a causa dell’odore. L’acqua del canale faceva girare una ruota che alla chiusura delle bancarelle, aveva la funzione di convogliare l’acqua per la pulizia sulla piazza del Monte di Pietà, luogo di quel mercato. Il Cagnan Grando là dietro faceva uno slargo, al cui interno c’erano tre isolotti.
A metà ‘800 l’ingegnere comunale Francesco Bomben fece portare della terra, unì i tre isolotti, e poté così formarsi l’isola della pescheria, che aveva i giusti requisiti per quel tipo di mercato: la lontananza dalla piazza, e ancor più l’acqua corrente. Il mercato del pesce lasciò il posto a quello delle erbe, e poi a quello dei funghi. Dove si va a chiudere la pescheria gira ancora un’antica ruota, che aveva funzioni molitorie. Oltrepassati i Ponticelli, il Cagnan procede lungo le rive degli “Squeri”, luogo dedicato alla riparazione delle imbarcazioni, e confluisce nel Sile al ponte Dante, chiamato nell’800 “dell’Impossibile”, per le tante difficoltà presentatesi durante la costruzione. E qui c’è la stele, con i versi del sommo poeta: “Là dove Sile e Cagnan s’accompagna”, cara ai Trevigiani.
-Il Canale dei Buranelli (o Cagnan Medio) è anche lui storico. È breve la sua corsa; lungo le rive erano numerosi i “lampor” (dove le donne lavavano i panni), c’è la casa in cui era vissuto il celebre poeta Giovanni Comisso che si affianca al vicolo dei Buranelli, così chiamato perché ospitava i commercianti provenienti da Burano, che lì avevano i magazzini per ricoverare il pescato. Sulla sua acqua si affaccia anche il famoso ristorante Beccherie, dove è nato il “Tiramesù”, la cui paternità è contesa tra Veneto e Friuli; ho avuto l’opportunità di conoscerla bene questa simpatica storia! Prima di confluire nel fiume Sile, il canale scorre sotto il vecchio ospedale Santa Maria dei Battuti, ora sede universitaria, a cui dà tono di gaiezza l’osservare il movimento della ruota di mulino.
-La Roggia, che dopo un tratto cambia nome in Siletto, passa sotto al ponte di San Cristoforo (protettore dei viaggiatori) accanto a piazza Trentin, un tempo “dei Frutti”, e procede rasente la strada da cui prende il nome “via Roggia”.
È una via questa poco frequentata dai turisti, ma è uno degli angoli più belli di Treviso: con i suoi portici, le duecentesche dimore affrescate, i vicoli antichi. Nel versante sinistro della Roggia era un tempo il tracciato delle antiche mura romane. Ad un tratto il canale scompare sotto l’ex monastero, per riapparire accanto alle prigioni asburgiche del 1830, (vale una visita).
L’edificio è talmente ben ricostruito, che sembra di rivivere il tempo. Qui la “Roggia” ha uno strano immissario, un fontanile tuttora erogante, che affiora dal cortile del vecchio tribunale. Il canale continua poi a scomparire e ricomparire, passa sotto il portico delle Scorzerie, (il luogo dove operavano gli “scorzèri”, gli addetti alla concia della pelle). E poi anche per la Roggia viene il momento di dare il contributo alle acque del Sile, a lato del ponticello che lo attraversa. È solo qui, in un tratto breve, che dalle sorgenti il Sile riceve immissari, i nominati Cagnani derivati dal Botteniga, tra l’altro alla distanza di qualche cento metri in tutto tra loro, a versare le loro acque nel fiume di risorgiva più lungo d’Europa.
Paolo Pilla