Territorio di viticoltura eroica, Farra di Soligo (città del vino), già feudo dei Collalto; è sulla strada che da Conegliano va a Valdobbiadene, ai piedi della catena di quei colli, residuo morenico risalente alla più grande era interglaciale (il periodo dell’uomo di Neanderthal). Colli che si ergono a protezione degli abitati lungo il percorso.
Dalle valli che tagliano la catena, scendono i corsi d’acqua che vanno a implementare il Soligo, fiume che scende dai laghi di Revine, utile alla cittadina, che da esso trae beneficio. Uno degli affluenti è il Lierza, torrente che a Refrontolo muove la ruota del molinetto della Croda.
Il toponimo composto fa sicuramente riferimento per la sua parte finale al corso d’acqua, mentre
Farra è di derivazione longobarda (fara), che stava a indicare un piccolo tratto coltivato e abitato. È infatti presumibile che il nome sia da attribuire ai Longobardi.
Seppur documentato che il luogo abbia avuto origini molto antiche, periodo neolitico, la sua storia considera il dominio di popolazioni germaniche, prima i Longobardi poi i Franchi. Fu governato dai Da Camino, dai Collalto, dal podestà di Treviso, e poi dalla Serenissima Repubblica di Venezia.
Oggi i Pievigini, gente laboriosa e onesta, godono del loro territorio occupandosi dell’industria del mobile, e di agricoltura (dove la coltivazione del Glera la fa da padrone). Qui la viticoltura va definita eroica, sempre in pendio, non è possibile la meccanizzazione, le lavorazioni devono necessariamente essere fatta a mano.
Il territorio privilegia la natura, e di ciò, l’uomo ne ha per lo più tenuto conto.
Tra le chiese presenti, d’interesse è la chiesetta di San Lorenzo nel borgo di Credazzo, costruita su roccia, di cui si trova traccia in un atto notarile del 1200, quale edificio infeudato. Di recente, tolti vari strati d’intonaco all’interno, sono emerse tracce di dipinti molto antichi. Il campanile, anch’esso duecentesco, faceva forse parte del complesso delle torri di fortificazione di Credazzo. È presente alla sua base una pietra angolare con scritte non facilmente identificabili, presumibilmente in venetico, o ricollegabili alla scrittura sillabica cipriota del Bronzo, prime manifestazioni della scrittura in Europa. È bene non toccare queste pietre, la leggenda vuole che chi le tocca diviene pazzo. Le chiamano “Piéra dei Mat”. Nel borgo ci sono ancora le tipiche case fatte in sasso, una stradina porta al “Cimitero Longobardo”, dove sono stati rinvenuti scudi di guerrieri di quella stirpe. Credazzo aveva il suo castello di cui rimangono appunto le torri, che hanno visto le epiche imprese dapprima dei Da Camino, poi a lungo dei Collalto. Fu nel ‘400, durante la guerra tra Venezia e gli Ungari, che il castello venne saccheggiato, per poi essere abbandonato. Oggi, per arrivare lassù non vi sono strade, bisogna passare tra filari di vigne.
L’uva è occasione di grande festa, verso la metà di settembre un particolare folclore anima le piazze con sfilate di carri allegorici, i “vendemmiali”. Per un periodo la viticoltura scomparve da queste terre, si ripresentò nel 1967 in un nuovo contesto, quello del rilancio e della sua valorizzazione.
-A est di Farra c’è una frazione che si chiama proprio Soligo, nel ‘200 feudo della famiglia Nordigli signori della Marca Trevigiana. È ai piedi del Col de Fer sotto cui si estende il Quartier del Piave, passaggio obbligato per i traffici che interessavano Treviso e la Valbelluna attraverso il passo di Praderadego. Un tempo c’era un castelliere quassù, sul colle San Gallo, sopra il quale nel medioevo fu edificata un’importante fortezza. Ai piedi del colle c’è un sito archeologico, in cui sono presenti resti ascrivibili alla prima età del ferro. L’Eremo di San Gallo è una chiesetta in stile romanico, accanto ad un ostello per i pellegrini. Da qui c’è l’ampio panorama sul Quartier del Piave, e sui colli del Feletto, di Collalto, del Montello.
-Una frazione altrettanto interessante è Col San Martino, bagnata da un torrente che porta il nome del vino più schietto del trevigiano: RABOSO. È il bel tempietto edificato nel Mille all’interno dell’antico castello, a dare il nome al paese. C’è poi la Chiesa di San Vigilio, su di un colle sopra il borgo di Posmon, dell’XI secolo, con affreschi risalenti al XV ancora ben conservati. La chiesa ha una caratteristica peculiare, nota a tutti grandi protagonisti della musica: l’acustica perfetta. Solo un esempio: il grande violoncellista Julius Berger è venuto a registrare Boccherini, consapevole che avrebbe ottenuto le timbriche del tempo del compositore.
Ritrovamenti di monete, ma anche di laterizio, testimoniano la presenza dei Romani. Nel medioevo il territorio fu feudo dei Collalto, che a difesa vi edificarono una fortezza, sul colle dove oggi si trova la chiesetta di San Martino. Al buongoverno dei Collalto seguì quello della Serenissima, finché alla Rotta di Caporetto, il paese pagò un grande tributo di stenti che ne provocò pressocché l’annientamento. La bella chiesa di San Martino, distrutta durante la Grande Guerra, riebbe la sua pianta ottagonale nel 1927.
Volgendoci a mezzogiorno, troviamo l’allargamento dei “palù”, tipica palude del Trevigiano, che delimita il Quartier del Piave.
-Un altro bel posto vicino, che nel nome vuol far riferimento a quel fiume è Solighetto, una gastaldìa risalente al 1200. Ha diminutivo nel nome, ma non nella bellezza: ci sono qui itinerari che oltre a far apprezzare la natura, parlano di storia e di cultura. Serve solo fare attenzione nel percorrerli a non smarrirsi, per cui è meglio non perdere di vista la stradina sterrata. Salite e discese sono dolci abbastanza, i panorami incomparabili. Tra gli altri, uno riserva anche una curiosità: “L’Ippopotamo” del Monte Cesen, che si può godere affrontando il monte Villa, la “montagna de Suighét”. A formare la figura del pachiderma è un bosco di abeti e faggi, che si staglia chiaramente sui prati, visibile anche da molto lontano, ed è di maggior spettacolo quando nevica. È in queste colline Unesco che ha sede l’osteria senz’oste.
E Solighetto è stata tanto cara a Toti dal Monte, celebre soprano veneto, l’usignolo della lirica. Qui è viva e intensa la sua memoria. Negli anni settanta, andando a pranzo da “Lino” potevi trovarti a mangiar vicino a lei.
Come in tutta la Marca, anche in questi luoghi si impone l’architettura delle ville venete.
Nell’ambito di Farra di Soligo, a Col San Martino, troviamo Villa De Toffoli-Canel, protetta da un lungo viale; sono più edifici in parte occupati dal mestiere del vino. La villa infatti è in posizione centrale, con ai fianchi, da un lato la barchessa i cui archi sono a sesto ribassato, e la chiesetta; dall’altro gli edifici sono adibiti ad albergo-ristorante, e alle cantine dell’azienda vitivinicola, di casa nel “cuore” delle “colline del Prosecco”. Belle da vedere, le botti dipinte, una chicca! I fabbricati sono dell’800, edificati su altri preesistenti, la facciata presenta decorazioni affrescate in ottimo stato di conservazione. Da non dimenticare poi, Villa Gradenigo sempre a Farra di Soligo, detta “la Palladiana”, ora dimora dell’ex pilota di formula uno , e collaudatore della Ferrari, Luca Badoer.
Ad usare il nome di quel fiume c’è anche una città più grandicella, Pieve di Soligo, ma delle ricchezze di questa, parleremo un’altra volta. Paolo Pilla