ALGHERO è la città più bella che ho incontrato nel mio giro in Sardegna. La Barceloneta sarda, sulla Riviera del Corallo, è città di stampo catalano la cui origine data dal primo-neolitico. Furono poi i genovesi, i Doria, a fondare nel Medioevo il primo nucleo abitativo dell’odierna Alghero, che poi governarono per oltre un secolo.

Le antiche mura cingono il centro storico lastricato, e belli sono gli edifici in stile gotico. Apporto di più stili ha avuto la cattedrale di Santa Maria Immacolata, sorta nel ‘500, ma anche in essa prevale il  gotico catalano. La facciata è neoclassica, imponente il campanile. Sono tante le chiese, forse una trentina, una è la preziosa chiesetta ortodossa: la chiesa di Santa Barbara, dagli archi “a carena di nave”, edificata in arenaria nel ‘500 dai Genovesi. Al suo interno un ambone in legno finemente decorato, e una grande quantità di pregiate icone, salvate da un archimandrita milanese, responsabile della Chiesa Ortodossa di Alghero. I palazzi,  signorili, rispettano lo stile gotico-catalano. Particolare coinvolgimento suscita il Teatro Civico, che ha ancora l’originaria struttura  portante realizzata in legno. Di estremo interesse è inoltre, il Museo del Corallo.

Qui i villaggi nuragici sparsi nel territorio sono molti, sono presenti necropoli ipogeiche, ma anche punico-romane; la più famosa necropoli è quella di Anghelu Ruju: un complesso di sepolcri preistorici, che testimoniano cinquemila anni di storia. Scoperta vent’anni fa, è situata in un pianoro solcato dal rio Filibertu, non lontano dal mare. Vi sono stati trovati 38 sepolcri scavati nella roccia sedimentaria, alcuni a “domus de Janas”, anche di grandi dimensioni.

Tra le migliaia di siti megalitici, il Villaggio Nuragico di Palmavera, è il più ben conservato.

Bellissima la costa di Alghero, si estende per 80 Km. Ci sono spiagge, scogli, calette, grotte, promontori; tra questi va citato Capo Caccia, sulla roccia a nord di Alghero, da cui è possibile osservare l’aquila, il falco pellegrino, la procellaria, il grifone. È valida oasi di protezione faunistica.

Il dialetto parlato ad Alghero è un algherese risalente al catalano arcaico, misto al sardo, che di recente è stato riconosciuto dalla Repubblica Italiana come lingua minoritaria. Dal 2010 l’Università di Sassari offre agli studenti l’opportunità di approfondire la conoscenza di lingua e cultura sarda, al fine di far intendere storia e tradizioni. È importante non far morire i dialetti, sono fonte di cultura!

  Ed ora un salto a SASSARI (Tàttari in sardo), l’antica capitale del Logudoro, il Giudicato di Torres, e di Arborea.

È il Comune più grande dell’isola, disteso su un altopiano calcareo declinante verso il golfo dell’Asinara, definito da qualcuno santuario per i mammiferi marini. Circondato da oliveti e boschi, ha clima temperato. Per la rivista statunitense Weatherwise, è “tra i  più confacenti alla specie umana”. Ma a gennaio/febbraio può nevicare. Bella da vedere a Sassari è la piazza circondata da palme, la cattedrale di San Nicola, e la “Fontana del Rosello” realizzata nel ‘600 dai Genovesi in stile rinascimentale. L’opera scultorea è composto di quattro statue, raffiguranti le stagioni, nell’allegoria del passaggio del tempo. Era stata posta in origine sopra un’antica fonte, dove gli acquaioli andavano in gran numero a prendere acqua con gli asini, per distribuirla alle famiglie della città. È stata resa famosa dalle Poste italiane, che le hanno dedicato un francobollo.

Il territorio è abitato dall’uomo sin dal prenuragico: sono presenti infatti numerose domus de janas, i menhir, e i dolmen. Il monumento più considerevole del periodo è l’altare megalitico di Monte d’Accoddi, del IV millennio a.C., luogo di sepoltura conforme alla cultura di Ozieri.

Le origini della Sassari odierna risalgono all’Alto Medioevo, allorché gli abitanti della costa dovettero rifugiarsi più all’interno, per sfuggire alle scorrerie dei pirati saraceni. Nel ‘200 Sassari divenne Libero comune, alleato dapprima a Pisa poi a Genova. I suoi statuti regolavano le attività economiche e la giustizia per l’intera isola. Contesa dalle repubbliche marinare, Sassari dovette dotarsi delle prime mura e di torri di difesa. Nel ‘300 diviene città regia, conquistata poi dagli Arborea, dei quali diviene proprio essa stessa la capitale del Giudicato. Ebbene, erano quattro i Giudicati tra il IX ed il XV secolo. Furono sovrani molto democratici, era il popolo in pratica a governare, con forme partecipative, a mezzo dei Re chiamati Giudici. Le decisioni non spettavano al Re, bensì alla corona de logu, una sorta di parlamento formato dal popolo.

Il castello ha origine nel XIV secolo, al tempo delle due ribellioni di Sassari alla Corona.

Furono gli aragonesi a costruirlo, intorno al 1330, e fu demolito nel 1877, perché riconosciuto simbolo dell’oppressione straniera, e sede dell’Inquisizione spagnola. Era al suo interno la sede, l’unica sede in Sardegna, dell’Inquisizione. Tornati alla luce alcuni suoi resti, visitabili, è emersa una particolarità, il barbacane, in uso in alcune città, in particolare del Veneto come Treviso, Venezia. Se in quel castello significava soprattutto difesa, nel Veneto era intelligente architettura medioevale, intesa a ottimizzare gli spazi (sulla via che non poteva essere sufficientemente larga, il barbacane permette l’allargamento dei piani superiori).

Nel Medioevo Sassari subì l’invasione dei francesi, le incursioni piratesche, le epidemie; l’insieme delle sciagure la ridussero in povertà. Rinacque alla fine del ‘500, con un rilancio culturale che vide la nascita dell’università di Sardegna. Fu la prima città ad avviare i collegamenti navali con Genova, impiegando navi a vapore. Nel ‘700 soffrì la dominazione austriaca, passò poi ai Savoia, che con alterne vicende la ressero fino al 1861. Da Re di Sardegna, Vittorio Emanuele II passò dritto, dritto, a essere Re d’Italia.

Divenuta suo malgrado repubblicana, nel ‘900 la città passò indenne la seconda guerra mondiale, e fornì alla Repubblica Italiana due validi Presidenti: Antonio Segni e Francesco Cossiga.     Paolo Pilla