Oderzo è tra i più antichi siti fondati dagli “Enetoi”, i Paleoveneti. Dopo il loro arrivo sulle sponde dell’Adriatico provenienti dalla Paflagonia, il primo nome fu OPTERG, che in venetico esprimeva il significato di Piazza del mercato. È di allora la “Mutera di Colfrancui”, un castelliere, al cui interno si sono rinvenute testimonianze  dell’epoca. In seguito, a Oderzo arrivarono  i Romani, e il nome si latinizzò; divenne Opitergium, poi in latino medioevale Ovedercium. Conosciuta la forza e il coraggio in battaglia di quei soldati, Cesare conferì loro la cittadinanza romana, li aggregò alla tribù Papiria, ed elevò la città a Municipium. Da allora Oderzo crebbe d’importanza, divenne sede diocesana, ebbe il suo vescovo. 

Furono natali facili per Opterg: terreno fertile pianeggiante, ubicato tra due corsi d’acqua:

il Monticano, e un ramo del Piave che ora non c’è più (oltre a modificare il corso del Po, l’orribile alluvione del 589 mutò l’assetto della Pianura Padana, deviando anche il corso di altri fiumi compreso l’Adige). Il sito era tuttavia già di rilievo, per essere di transito già in tempi più remoti.  Nel 148 a.C. fu realizzata la via Postumia da Genova ad Aquileia, che i Romani vollero far passare per Opitergium. Accrebbe di tale importanza, che la sua influenza si espanse: dal Piave al Tagliamento, dal Cansiglio fino alla laguna, che veniva appunto chiamata laguna opitergina; fondarono le note località balneari Eraclea e Jesolo. Con  l’impianto della decima Regio Venetia et Histria cui entrarono a far parte, sembra che alcuni soldati opitergini inviati in Palestina, abbiano addirittura avuto la possibilità di frequentare Cristo.

La decadenza di Roma significò declino anche per Oderzo. La città subì saccheggi da parte dei Barbari già dal secondo sec. d.C., poi dagli Unni nel 452, e dai Longobardi nel 643. Si dice che appena gli abitanti vennero a conoscenza che ci sarebbe stata un’incursione da parte degli Unni di Attila, i cittadini di Oderzo e di Aquileia nascosero in un pozzo il santo Graal e i tesori delle città. Fino al secolo scorso c’era il vezzo, nell’alienare una proprietà degli opitergini, d’inserire una clausola contrattuale, la “ius putei”, che imponeva al nuovo proprietario la  rinuncia di quanto  rinvenuto, se nel terreno ceduto si fosse trovato il tesoro.

Le distruzioni di Attila significarono la fuga degli abitanti di Oderzo che conobbero la miseria. La curia vescovile dovette spostarsi, prima a Heraclia poi a Ceneda. Da quel tempo Oderzo perse la diocesi, che ebbe sede a Vittorio Veneto, dove è tuttora. I popolani, con quelli di Aquileia, e di Concordia Sagittaria, si dedicarono alla fondazione di Rialto. In questa situazione, emerge un evento: Heraclia ebbe l’onore di ospitare il primo Doge di Venezia, il mitico Paolo Lucio Anafesto.

Fu attorno all’anno mille che Oderzo ritrovò un certo benessere. La vita riprese all’interno della nuova cinta muraria eretta in sostituzione  di quella di epoca romana, e con un nuovo castello. Si riconoscono ancora bene a fianco del Duomo, quelle mura alte, spesse e con fossato, Delle quattro torri di difesa, se n’è conservata una, se vogliamo abbastanza ricostruita, il famoso Torresin.

E ora ha inizio il feudalesimo: nel 1089 una famiglia nobile veneta, i “da Montanara”, si trasferisce vicino alla città, a Camino; erige un castello, e si attribuisce il nome della località. È così che nasce il nome di quella casata, divenuta poi famosa: i “da Camino”.

Nel 1380 passa sotto la Repubblica di Venezia. Epperò, già da quarant’anni aveva qui dimora  un podestà veneziano, assegnato dal Doge Francesco Dandolo.

Sotto la dominazione veneziana la città rimane arretrata, vittima di carestie ed epidemie.

È nel Settecento che la città s’ingrandisce, ma ecco Napoleone, a portare allo stremo la popolazione. Due personaggi di spessore si recarono a Villa Manin di Passariano, per chiedere il risarcimento danni a Napoleone. Furono ascoltati, per aver sfoggiato le origini trevigiane del generale francese Tolberto da Camino, figlio di una Bonaparte, nonché marito della celebre Gaia.

La situazione di Oderzo rimase critica sia con i Francesi che con gli austriaci del Lombardo-Veneto.

Verso la fine dell’800 il vescovo di Ceneda Sigismondo Brandolini Rota, con l’assidua opera di san Leonardo Murialdo, fonda il collegio, a tutt’oggi una delle scuole private più stimate della zona.

Nel 1917, la vicinanza al Piave significa per Oderzo essere sul fronte, e subire le conseguenze della ritirata di Caporetto, edifici distrutti. Ci fu poi la guerra civile nel 1943, con gli scontri tra fascisti e partigiani, culminati con l’esecuzione sommaria di 120 sospettati di appartenere al Partito Fascista, come ebbe a raccontare Gianpaolo Pansa nel romanzo “Il sangue del vinti” del 2003.

Oggi Oderzo è una bella città della sinistra Piave, che può raccontare tanta storia, ed è impegnata a 360 gradi: dalla cultura, all’agricoltura, all’industria, al commercio.

È la classica città veneta, con tante case affrescate, e molti portici.

IL DUOMO, del ‘400, rivisitato nei secoli successivi, fu costruito sui resti di un tempio romano

dedicato a Marte.  La cantoria del grande organo Mascioni, conserva i dipinti cinquecenteschi del veneto Pomponio Amalteo.

PALAZZO FOSCOLO – Fu eretto nel ‘500 dal serenissimo procuratore di San Marco Alessandro Contarini come dimora di villeggiatura. La facciata della casa padronale è un classico del palazzo veneziano: tripartito, un ampio porticato ad archi ribassati, al piano nobile una quadrifora.

Questa c’è anche al secondo piano. ma di minor altezza. Il palazzo ospita eventi culturali e la pinacoteca “Alberto Martini”, le cui opere furono donate alla città dalla moglie del celebre pittore. Dietro al palazzo c’è l’ampio parco, un tempo ricco di statue, di una peschiera, di due fontane. La Barchessa ospita

il MUSEO ARCHEOLOGICO, che a tratti viene arricchito, perché in occasione di scavi, s’incontrano facilmente statuette di bronzo, lapidi romane, e tanto altro, compresi un pavimento a mosaico.

Il sottosuolo della città, tra le più antiche del Veneto, è una miniera archeologica.

In via “dei Mosaici” sono visibili pavimenti musivi con decori pertinenti a una domus romana.

Tante altre

cose antiche interessanti ci sono a Oderzo,

che vorremmo raccontare

ma chiudiamo

con la Piazza Grande,

in cui

l’architetto Follina ha tracciato

sul pavimento

una grande meridiana

attraverso l’ombra della cuspide del Duomo, indica le ore 12 del mese in corso.    

            

Ringrazio caldamente

lo IAT di Oderzo

per le belle immagini

Paolo Pilla