Bagnata dal Meschio, la cittadina di Cordignano distende il suo centro sulla pianura, il territorio comprende zone montuose anche al di sopra dei mille metri, fin quasi a raggiungere l’altopiano del Cansiglio, il Bosco dei Dogi. Le sue origini sono antiche (5000 a. C.), risale a quando un gruppo di Venetici incontrarono le risorgive di Palù, e vi si stabilirono, formando una piccola comunità. Un po’ più a settentrione, ai piedi delle Prealpi bellunesi, si trovano i resti di un Castelliere, inequivocabile conferma che i territorio era da questi popolato. Vennero i Romani, l’area assunse il nome di “Corticionus”, toponimo risalente all’antico signore del “fundus”, e migliorò il suo stato anche nella cura dell’agricoltura. Nel ‘200 fu dominio dei Da Camino, poi dei signori di Modena, e nel ’700 entrò a far parte della Serenissima Repubblica di Venezia, con i Mocenigo. Ai giorni nostri è una laboriosa, graziosa e serena cittadina, nota in loco anche come San Casàn de ‘l Mésch, toponimo che si rifà al santo protettore. È dedita all’artigianato e all’industria, ma in essa permane l’atmosfera nobile del passato.
A dar vivacità all’area è l’attraversamento del fiume Meschio, che nasce dalla valle Lapisina, dal Monte Visentin. Di origine carsica, rende maggiormente interessante la bella natura che attraversa, per confluire romanticamente sulla Livenza.
“Un rigagnolo d’acque fugge dal Piave come figlio ribelle dal padre; altero di sua origine sdegna l’invito del Cordevole di mischiare con lui le sue acque; vuole scorrere indipendente per balze e pianure ed acquistare un nome: s’inabissa quindi e sotterra attraverso il fiume lusinghiero per di bel nuovo uscire alla luce“….. Stupende righe di Rodolfo Della Torre, che nell’800 propone la sua poesia “Sorgenti del Meschio”.
È oltremodo interessante una passeggiata lì attorno: In compagnia di un sonoro silenzio; alternati a vigne, uliveti e boschetti di faggi, si incontrano i segni di antiche sepolture, ci si imbatte in qualche caratteristico mulino, e nell’attraente spettacolo di un canyon, una gola scavata dall’acqua. Dulcis in fundo, nella stagione giusta, sulle graziose campagne può farsi desiderare il prelibato “figomoro”, un frutto antico, apprezzato per l’inconfondibile sapore zuccherino.
Nel borgo di Ponte della Muda, amministrato dalle “Regole” c’era il palazzo del Dazio, edificato nel ‘500, che tuttora fa mostra di se.
Belle le volte a crociera che coprono l’ampio porticato con archi a tutto sesto, le cui colonne sono ornate da sculture. Oltre a essere posta di cambio dei cavalli e per ristoro, la corte fungeva da luogo di dogana
(la muda). Cordignano applicava il pedaggio sul transito delle merci di scambio con il Friuli, e non consentiva il transito agli spalloni, i mercanti che coordinavano il traffico illecito del sale, gestito in partenza da Portobuffolè.
Nel centro della cittadina sono stimolanti i seicenteschi edifici porticati, e i monumenti di carattere religioso: la chiesa arcipretale dei santi Maria Assunta e Cassiano del Meschio risalente al ‘600, alzata in luogo del preesistente antico oratorio consacrato a San Cassiano, a cui l’attuale chiesa è dedicata. La facciata è divisa in tre parti da quattro coppie di lesene ioniche, sovrastate dal capitello sui cui vertici gravano tre statue. Ai due lati della chiesa, insistono le due cappelle, a pianta circolare.
L’interno, barocco, è a unica navata, con sei altari. Uno di questi, molto particolare, del XVII secolo, è in legno di cirmolo. Sull’altar maggiore la bella pala di Silvestro Arnosti, una tela di Angelo Lion, e una di Marco Vecellio, che raffigura l’ultima cena. sul soffitto l’affresco di Giovanni De Min, che rappresenta le tre virtù disposte dalla teologia, Fede, Speranza e Carità . Conserva inoltre opere di Palma il Giovane, altre di Giovanni De Min, di Domenico Tintoretto e di Marco Vecellio. Anche il campanile è caratteristico, molto alto, sovrastato da timpano. Tra i suoi fascinosi dintorni, alcune ville venete. Di particolare spessore, villa Rota Brandolini d’Adda, e Villa Mocenigo. Andiamo a conoscere quest’ultima, che sorge a Villa di villa. Villa Mocenigo detta “Belvedere”, del XVII secolo, è situata sopra uno sperone roccioso ai piedi del Cansiglio, nei pressi di Sarmede. Edificata nel ‘500 a cura del diplomatico e dotto letterato Antonio Altan sui resti di una torre di guardia (il Murazzo), già proprietà dei Da Camino. Fu ampliata nel ‘600 dal vescovo di Ceneda Leonardo Mocenigo, e nel ‘700 raggiunse l’attuale fascino con il doge Alvise Mocenigo. Anche Carlo Goldoni, contribuì agli spettacoli in quel teatro. Subì i danni legati alle varie guerre: nel 1815, sostarono i soldati delle truppe austriache in guerra contro i francesi, poi al passaggio di Napoleone fu occupata dai soldati francesi, sempre con spoliazioni. Lasciando la villa i francesi dimenticarono una carrozza per tiro a sei. Ora non c’è più, distrutta dal tempo e dall’incuria. Durante la ritirata di Caporetto la villa fu requisita per formare un ospedale da campo. Ma non bastò, anche la natura ha fatto la sua parte: Alcune parti dell’edificio furono gravemente lesionate dal terremoto del 1936, molti frammenti apprezzabili furono usati nella ricostruzione, che avvenne dopo la seconda guerra mondiale.
Nonostante tutte queste traversie, Cordignano e i suoi dintorni rimangono una chicca. È sufficiente posare l’occhio sulle numerose anse che il Meschio compie attraversando quelle campagne, per buona parte rimaste integre, appunto a creare bellezza.
Sono molte le manifestazioni culturali, sportive, festaiole, programmate a Cordignano. Fra le tante, due sono gli appuntamenti che destano maggior interesse, entrambe con protagonista il legno: nel mese di luglio a Villa di villa fa scena “la festa dei Carbonai”;
in uno slargo del bosco vien riproposta la tecnica della carbonaia, il “Pojat”:
una sorta di cottura della legna, la pirolisi (si preparano legna e foglie disposte a cumulo, si dà fuoco, e si lascia decompore in assenza di ossigeno). È bello il luogo, è vicino al venetico “Castelir”, e al Castelat, i
resti, questo, del Castello di Cordignano. L’altra vivace manifestazione è il “simposio di scultura in legno”, che ha luogo ogni anno a novembre. Il legno è una materia che mi ha sempre affascinato, la prima che l’uomo ha avuto a disposizione per sua utilità. Paolo Pilla