Localizzata nell’Alta Marca trevigiana, Pieve di Soligo è la città storica, la perla del Quartier del Piave. Per lo più pianeggiante, fa parte del territorio Patrimonio UNESCO, che comprende le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Il Quartier del Piave coincide con una delle otto parti in cui la Serenissima intese suddividere il territorio della Podesteria di Treviso: “Quartier di là dal Piave”. Del periodo romano non c’è molta storia. Sembra che l’abitato fosse sorto come colonia agricola dei Romani, che qui fecero passare la Claudia Augusta Altinate, arteria marziale che da Altino conduceva al Danubio. La fertile piana di Pieve di Soligo appare barricata  a nord dai colli che formano la frazione di Solighetto, poi compaiono le Prealpi, i cui valichi sono due varchi affascinanti, il San Boldo e il Praderadego.  il San Boldo caratterizzato da pendenze notevoli, era un tratto della via Claudia Augusta Altinate, il Praderadego era una variante di quell’antica strada romana. Oggi, percorso ben asfaltato, è una meraviglia percorrerlo in bicicletta.

Il toponimo della città scaturisce dall’unione di “chiesa di campagna” (Pieve), e dal nome del fiume che la bagna, il Soligo. Quella Pieve faceva parte della diocesi di Ceneda; è molto antica, risale al IX secolo.

È sulla sponda destra del Soligo (del Trevisan), mentre sulla sponda sinistra è la Pieve (del Contà), che faceva parte del feudo dei conti Brandolini di Bagnacavallo.

Due sono i corsi d’acqua che bagnano Pieve: il Soligo e il Lierza. Il Soligo si forma ricevendo l’acqua dal Tajada, un canale artificiale che fuoriesce dai laghi di Revine, il suo primo tratto è ricco di trote.

Giunto a Follina riceve acqua da un torrente che porta il suo stesso nome, e dopo aver bagnato Pieve, le sue acque vanno a confluire sul Piave. Ad arricchire di fiaba la zona c’è anche il Lierza, un corso d’acqua a carattere torrentizio che scende da Arfanta e confluisce nel Soligo. Lungo il suo cammino crea una valle profonda, con cascatelle, e a Refrontolo alimenta il Molinetto della Croda. Più volte è celebrato da Andrea Zanzotto.  Ecco le parole del poeta che cantano quel luogo, dove sono le Crode del Pedrè :

<<dove c’è un insieme di colline che non sono colline e di torrenti che non sono torrenti: un tenebroso e inquietante labirinto, appunto, di conglomerati pietrosi… o … costellazione di massi colmi ancora della violenza d’urto che li ha sparsi e resi tali>>…

Con le  frazioni di Solighetto e Barbisano, sono molti gli angoli belli offerti dal territorio che regalano interessanti visioni. Nei pressi di Solighetto sono da vedere l’antico mulino, e il maglio di Pradella per la lavorazione del ferro, risalenti al ‘600.

È questo all’interno di un’antica officina ancora funzionante, con tre ruote fatte girare dall’acqua che azionano il maglio, il trapano, le mole smeriglio, e perfino un soffiatore. Con questi arnesi sono stati prodotte attrezzature fino a quarant’anni fa. All’interno, si possono esaminare gli utensili agricoli forgiati manualmente.

A Barbisano, di origini più lontane, non è dato sapere l’esatta epoca a cui risalgono i primi insediamenti, è il caso quindi di far riferimento al periodo romano, quando il territorio era governato dal municipium di Oderzo. Il toponimo va ascritto al nome del legionario romano “Barbisius”, proprietario delle terre, ricevuto in dote perché  veterano nel luogo in cui aveva prestato servizio. Altri lo farebbero derivare da “barbarie”, in quanto luogo che aveva subito azioni da parte dei barbari di Attila.

Alberto di Collalto, che il 2 giugno 1138, stava partendo per difendere la Terra Santa dagli arabi, ebbe a disporre che nel caso non fosse tornato, la sua tenuta di Barbisano divenisse proprietà degli abitanti, e della chiesa locale.  Nel ‘300, con atto dell’imperatore Arrigo VIII da Genova, re dei Romani, viene concessa a Rambaldo VIII di Collalto, conte di Treviso, la potestà feudale su Collalto, che comprendeva Barbisano e tutti i paesi vicini .

Pieve di Soligo è innanzitutto legata  alla coltura della vite. È quindi città del vino,

ma nella storia ha ospitato tanti grandi personaggi: della musica, della poesia, di scienza, e altro. Per citarne alcuni, ricordiamo:

-Toti dal Monte, indimenticabile soprano dalla splendida voce, usignolo della lirica, visse qui a  Barbisano in una  elegante dimora, e qui cessò di vivere amata dagli abitanti. La cantante aveva acquistato l’antica Villa Biffis, restaurata conforme alle sue esigenze, e arredata con il buon gusto che le apparteneva.

La godette immersa nell’armonia del parco boscoso e di quelle dolci colline con il panorama sui colli di Collalto e la vista del torrente Lierza. Ebbi occasione d’incontrarla anch’io, al ristorante “da Lino” a Solighetto, consueto per lei. Aveva il suo posto riservato accanto al caminetto. Mi pare che la sua dimora sia ora in vendita.

E a villa Brandolini d’Adda, di Solighetto, c’è una importante scuola di musica a lei intitolata.

-Andrea Zanzotto, nato a Pieve di Soligo nel 1921, e morto novantenne a Conegliano. È stato uno dei più grandi poeti del novecento, seppur attanagliato dalle sue nevrosi. Per Toti dal Monte compose la poesia in dialetto “Co l’é mort la Toti”, a celebrare la dipartita della cantante.

-Giuseppe Toniolo economista e sociologo, è stato fondamentale nella formazione dei cattolici laici. Formò la scuola etico-cristiana, che indicava il progetto economico rivolto al bene della collettività.

 È poi il caso di visitare il duomo di Santa Maria Assunta, la principale chiesa di Pieve della forania

del Quartier del Piave, eretta al posto della vecchia Pieve antecedente al ‘300, che era stata matrice di un vasto territorio, dal Soligo al Collalto. È combinata da un insieme di stili, su cui primeggiano le arcate romaniche. All’interno c’è un crocifisso molto bello, un monumentale organo a canne, e la  pala d’altare del 1540 opera di Francesco da Milano, l’Assunzione della Vergine.

Volgendosi ai piaceri più terreni, un super tocco si ha visitando il Ristorante “alla Colomba”, e se fin qua si era visto il bello, qui troviamo il bello e il buono: la “sopa coada”, quella vera, il risotto coi funghi porcini, la faraona in salsa pevarada, e dulcis in fundo il dolce di papa Ratzinger, senza farina e senza zucchero. Tutto molto buono, leccornie! Provare per credere. Mi auguro però, che sia ancora aperto!

Immagini gentilmente fornitemi dall’archivio della Città di Pieve di Soligo             Paolo Pilla