Inaugurata dal ministro Lollobrigida il giorno 7, si è conclusa il 10 novembre la 126esima manifestazione dedicata al mondo equestre, che si svolge a Verona dal 1898. Per alcuni anni, a dire il vero, soffrì di minor presa quando si verificò un maggior interesse per le macchine agricole. Ma si riprese poi verso la fine degli anni ‘70, per ritrovare la tradizione delle Fiere Cavalli di un tempo, e da allora è stato un crescendo. Quest’anno la Fiera ha ospitato per quattro giorni il principale convegno che esalta il mondo equestre. Sono stati centoquarantamila i visitatori, 2.200 i cavalli di razze equine provenienti da tutto il mondo, a creare bellezza in quei quasi 130mila metri quadri di esposizione. Erano 700 le aziende espositrici provenienti da 25 paesi, e ben 35 le associazioni di allevatori. E sempre in numero maggiore, i paesi di provenienza dei visitatori, quest’anno 73.
Argomento di particolare importanza, la manifestazione ha promosso numerose iniziative di inclusione, destinate a valorizzare l’affinità tra l’uomo e il cavallo, facilmente sfruttabili per iniziative di turismo rurale, e, ancor più apprezzabili per l’aiuto alle disabilità. C’è stato riscontro di miglioramento nella qualità di vita in persone disabili, maggiormente in giovani con sindrome di Down, se impegnati nella cura del cavallo. Sono pazienti, raggiungono professionalità e un profondo senso di responsabilità. È stato inoltre aperto un progetto pilota, destinato all’accoglienza di ragazzi con problemi di autismo. La Firma “Discipline Integrate” ha evidenziato come le attività equestri diventano appunto opportunità per le persone disabili.
Ma è in tutti, uomini, donne, ragazzi, il costante accrescimento della passione per questo animale forte, affascinante, da sempre amico dell’uomo nel lavoro, in battaglia, nello sport.
Va poi detto che è l’Italia il paese europeo che vanta il maggior numero di razze equine:
sono 29, su oltre 300mila cavalli. Il turismo equestre è in sensibile crescita, è infatti un sano, divertente modo di combinare il piacere di andar a cavallo con la scoperta di luoghi, panorami, paesi, bellezze. Sono ben 7.000 in Italia i Km di ippovie certificate Fieracavalli. E sta riprendendo quota anche la divisione ippico/sportiva. Per questo comparto la scelta cade per lo più sulle razze Purosangue Inglese e Arabo, maggiormente vocate a essere utilizzate per il “salto a ostacoli”, per la “corsa” e come “trottatore”.
Per fare turismo van bene un po’ tutti, importante che siano robusti e docili. Nel lavoro sono meno utilizzati di un tempo, a me piacciono i TPR (tiro pesante rapido), il Maremmano usato dai butteri, l’antico Frisone con i suoi folti crini e gran lavoratore, l’Appaloosa dal mantello affascinante, il Criollo antica razza argentina, il docile Avelignese adatto al lavoro e alla sella.
Come sempre, Fieracavalli è stata interessante e divertente: emozionanti le esibizioni di artisti. Più che campo di gara, nella giornata “crazy horse day”, il Pala Jumping era un palcoscenico dove la competizione gareggiava con la musica, e con gli spettacoli che donavano trepidante attesa.
Gradevole lo spettacolo creato da “Donne in briglia”, una prestazioni che mette in evidenza il lavoro del buttero, con protagoniste le donne del raggruppamento. Si sono esibite nella monta maremmana usando una sola mano, e senza.
Strepitose le esibizioni nel gran Gala d’Oro Pathos.
Va aggiunto che nel Veneto il cavallo ha trovato da sempre l’ambiente a lui consono, fin dall’età del ferro. I Venetici erano già universalmente conosciuti, e celebrati dagli antichi poeti, come abili allevatori e addestratori di cavalli, da corsa e da guerra.
Da Omero sappiamo, confortato questo da reperti archeologici, che il cavallo era per i Veneti un animale sacro, tanto da provvederne la sepoltura (riscontrabile al museo nazionale di Este).
Nel carme ad Euripide, Polemone racconta la 85° olimpiade del 440 a. C., di come Leonte di Sparta avesse conquistato la vittoria per merito dei “cavalli veneti”.
Anche Strabone, al tempo di Cristo, in “Geographika”, parla dei mitici “cavalli veneti”.
Dionisio detto il Vecchio, tiranno di Siracusa, gran mecenate, molto amante del cavallo, per il suo allevamento di cavalli da corsa volle avere i cavalli veneti. E a Roma si dice che al Circo Massimo i cavalli veneti portassero, per distinzione, un fiocco azzurro. Erano considerati come le Ferrari di oggi. Persino la situla Benvenuti, risalente al 600 prima di Cristo, straordinario reperto per i veneti, riporta incise immagini di cure che i Venetici prodigavano ai loro cavalli.
Del rapporto Veneto-Cavallo, di storia ce n’è a iosa.
Ho ricordato questo, perché ritengo giusto che la più grande manifestazione che si occupa del cavallo e dell’equitazione si svolga qui, nel Veneto. Paolo Pilla