Adagiata tra i colli boscosi che sovrastano i laghi di Revine, Tarzo gode di un panorama luminoso, e di un clima mite. Il territorio è pressoché tutto montuoso, e ricco di corsi d’acqua a carattere torrentizio, che versano sui torrenti Cervano e Lierza, che a loro volta sfociano il primo nel Monticano, il secondo nel Piave. C’è poi il canale Tajada alimentato dai due laghi, che va a immettersi nel Soligo. Il limitato suolo pianeggiante, a sud dei laghi, è occupato da curate vigne e uliveti, che profumano e donano eleganza. 

Oltre al capoluogo, ci sono altre sei frazioni, e località minori. La principale è Corbanese, ma sono tutte interessanti da vedere. Quella terra ha dato i natali a più personaggi resisi famosi nel campo dell’arte, delle lettere, della scienza.

La salubrità del sito, e la ricchezza di acque, generarono già in epoca molto antica l’inserimento dell’uomo, con i Paleoveneti. Duecento anni prima di Cristo giunsero i Romani, che formarono una guarnigione dotata di un fortilizio dove c’è ora la frazione di Corbanese, testimoniato dal ritrovamento di una moneta romana del 2° secolo a. C. Sempre a quell’epoca risalgono una spada e altri manufatti rinvenuti in un insediamento palustre a Colmaggiore, e altri ancora, in selce. Delle costruzioni di quel tempo non rimangono che pochi ruderi. Il toponimo è facilmente ascrivibile al prediale Tartius, forse il proprietario del fondo. Era di qua che passavano i romani per raggiungere il suolo germanico provenienti da Opitergium, superavano il San Boldo e il Praderadego. In seguito furono i Longobardi a governare il sto, per due secoli. A loro si devono alcune Pievi, una miglior organizzazione, la creazione del Ducato di Ceneda, in cui era inserita Tarzo. Ancora nel ‘300 era Contea relazionata al vescovo di Ceneda, dopo esser stata alle dipendenze della Signoria dei Da Camino. Dell’antico castello non c’è traccia, sono presenti ora alcune ville del ‘600 e ’700, nate dall’interesse del  patriziato veneziano. L’architettura è di tipo agreste, nell’area comunale ne sono registrate quattordici. Di un certo interesse è Casa Mondini, Mazzucco, del ‘400, che ne è la classica dimostrazione. È chiara la fisonomia rurale, sono evidenti i segni della ricerca di far bello quello che serve. Oltre alla scelta della posizione panoramica rivolta ai colli, sono presenti un peristilio con archi a tutto sesto, e bifore. Interesse suscita anche Villa Grimani-Mondini, del seicento, ora albergo: Portale d’ingresso ad arco, soffitti alla “Sansovino,” è ad archi anche la barchessa.

Sorta alla fine del ‘500, la chiesa parrocchiale ha una struttura ad unica navata di eccellente acustica, per cui si presta bene all’esecuzione di concerti. L’originale fu energicamente ristrutturata nel ‘700, unendola alle due piccole cappelle preesistenti nel sito. Ebbe poi ulteriori interventi: nell’800 fu dotata di un bel portale in pietra, e di affreschi, nel ‘900 fu rivisitata la facciata. Risultato, molto bella! È lì accanto il campanile, anch’esso del ‘500, pendente. All’interno, bella la Pala di Cesare Vecellio del ‘500, un organo a due tastiere, il coro in legno.

Anche le frazioni son dotate di belle chiese, quella di Arfanta, che oggi ha pochi abitanti mentre all’epoca era tra i maggiori insediamenti, ha l’originale del ‘400. Considerata la più antica del Comune, è stata restaurata ai primi del ‘900, sotto la direzione della Soprintendenza di Venezia. Possiede gli argenti sacri che abbracciano cinque secoli di storia, e un organo dei fratelli Callido, figli di Gaetano, veneto di Este, in assoluto il miglior organaro d sempre. Trent’anni fa ebbi l’opportunità di conoscere il sacrista di quella chiesa, un bravissimo batti-lamiera, a cui ero ricorso per l’esecuzione di una struttura in rame che mi fu molto utile. È stato un artista, lo strumento è tuttora valido. È poi curiosa la storia del “Maestro di Arfanta”, un esemplare insegnante, autentico ammiratore di Benito Mussolini. Co0stui fece costruire una cripta con il busto del duce alla porta d’entrata, bassa, quanto bastava per obbligare i visitatori ad inchinarsi prima di entrare. La serietà e lo spessore di questo integerrimo educatore, nostalgico, fece sì che nessuno ebbe il coraggio di denunciare l’apologia al fascismo.

Ad ogni buon conto, tutto il territorio è molto bello. Rivivo i miei momenti al lago, dove ho fatto surf durante l’estate, con Piero e con Mariangela. Bello, bello, bello!

A poca distanza, infatti, si trova il Comune di Revine Lago, il cui nome è dato da due delle sue frazioni: Revine, e Lago appunto. Sulle alture, due castelli: il “Castegna Maor” di cui sono presenti le rovine in località Pra del Palazh, e il “Monte Frascon”, che è stato più volte rimaneggiato. Nella frazione Santa Maria è d’interesse l’omonima chiesetta del XII sec, la più antica della zona. Conserva una tela cinquecentesca di Francesco da Milano, e molto altro ancora. Sono due i laghi, il Santa Maria, e il Lago, ma sono conosciuti semplicemente come laghi di Revine. Sono di origine glaciale, piccoli, lunghi circa un km, e profondi 10 mt., divisi tra loro da una modesta lingua di terra.

Una curiosità: esisteva qui una linea ferroviaria, una Decauville, a scartamento ridotto, che collegava Revine con Vergoman. Costruita dagli austroungarici durante la guerra 1915/18, era usata soprattutto per il trasporto di viveri e di materiali. Il treno fu fatto affondare nel lago dagli stessi austriaci, durante la ritirata. Non è visibile, ma sembra che sia ancora nelle acque, con anche un tesoretto, coperto dallo stratificarsi dei depositi. Caratterizzati da biodiversità, intorno ai laghi ci sono due percorsi ciclo pedonali, invitanti, che servono a leggere e capire l’ambiente.        

C’è poi un’altra caratteristica: Avventurandosi tra le suggestive viuzze dei borghi di Tarzo, ci si imbatte in una bella sorpresa: i Murales, popolare espressione d‘arte, legata alla quotidianità e alle tradizioni. Seguono un percorso deciso autonomamente dagli abitanti di quelle borgate. Mi ricordano quelli famosi di Orgosolo, che ho visto la sorsa estate in Sardegna. Lì sono numerosi, tappezzano molte case. Alcuni tanto belli, altri meno, alcuni legati alla politica. Quelli di Tarzo piacciono, sono discreti, sono folklore.               Paolo Pilla