Siamo nell’alta pianura veneta, sul Pedemonte del Grappa, all’estremo occidente della Marca Trevigiana. Fino al 2019 Crespano era Comune indipendente, poi a seguito dell’esigenza di fondersi con Paderno, i due, insieme hanno formato il Comune di Pieve del Grappa.

Un’urna cineraria dell’età del ferro, rinvenuta nella vicina Sant’Eulalia, sta a testimoniare che la zona era abitata già dagli antichi Veneti. Sempre lì, tra le rovine della vecchia chiesa di San Cassiano, altro reperto: il sarcofago di Cajo Vettonio Massimo, un romano che, concluso il servizio militare, si costruì da se stesso il sepolcro, e consegnò ottocento sesterzi agli abitanti, perché provvedessero alla sua sepoltura con sedici sesterzi di rose, e che tornassero poi a visitarlo due volte l’anno, nei “Rosales et Vindemiales” ( a primavera e in autunno). Da oltre mezzo secolo ormai, si celebra la rievocazione storica in costume romano.

Crespano dovette soggiacere alla tirannia degli Ezzelini, in particolare di Alberico, fratello di Ezzelino III da Romano detto il Terribile. Il rovesciamento degli Ezzelini avvenne con crudeltà, nel 1260. Ezzelino perse la vita in battaglia, Alberico che nel 1259 era fuggito da Treviso, si era ritirato a San Zenone degli Ezzelini, barricato con la famiglia nella imponente roccaforte, e un anno dopo fu preso d’assedio. Il podestà Marco Badoer ne aveva sentenziato la morte: «Se Alberico da Romano e la sua famiglia fossero finiti nelle mani dei trevigiani, i figli maschi sarebbero stati decapitati, le figlie femmine e la moglie sarebbero state bruciate vive e per ultimo Alberico sarebbe stato trascinato alla coda di un cavallo per le strade di Treviso»

Gli Ezzelini erano di stirpe germanica, appartenevano alla famiglia dei Da Romano. Al tempo del racconto erano due fratelli e una sorella: Ezzelino III, Alberico, e Cunizza da Romano. Cunizza,  nata sul colle dei Romano nella Marca Trevigiana, nella Divina Commedia vien collocata da Dante in  Paradiso (canto IX), tra gli spiriti amanti nel Cielo di Venere. I maschi, valorosi ma spietati, conosciuti anche in leggenda come feroci e terribili, li colloca in  Inferno, (Canto XII, vv. 109-110) «E quella fronte c’ha ‘l pel così nero, è Azzolino». Atti di disumanità ne fecero a iosa, quindi quella fine se la meritarono, ma la morte di Alberico fu proprio di una crudeltà inaudita.

Il Podestà, a evitare ulteriori riflessioni, ordinò che la sentenza non fosse realizzata  a Treviso come era stato programmato, bensì lì, su quel colle di Crespano. Questa la scena: I figli di Alberico, urlanti e scalcianti furono decapitati; le donne arse vive sul fuoco. Alberico, legato alla coda di un cavallo, e  ormai fuori di testa, fu trainato su un percorso di rovi. Per ultimo, il corpo di Alberico e di un figlio vennero trasportati a Treviso, dove vennero fatti a pezzi e inceneriti. Beh, tempi duri!!

Nel ‘300 da quei sani prati fiorì la produzione di un’ottima lana, e con essa un po’ di benessere, ma ci vollero ancora 500 anni per vedere sviluppata una discreta viabilità, e la costruzione di un ponte a unire i due abitati. Con la lana si era sviluppata per intero la manifattura del tessile, che dava lavoro a tutta una serie di operatori specializzati. Nel ‘700 “Non c’è casa, dove non si oda un telaio battente”. La bontà della materia prima, e l’estrema cura che veniva posta nei vari stadi delle lavorazioni, fecero primeggiare Crespano; quella lana veniva usata per i tessuti migliori (i mezzetti ad uso de Crespan). Ne conseguì il commercio, tanto da inserirsi nel circuito dei mercati esteri.

La grande guerra si fece sentire anche a Crespano, con la rotta di Caporetto gli abitanti andarono profughi, fecero buon uso della Decauville, la ferrovia a scartamento ridotto

che partendo dall’antica contrada Gherla li collegava a Bassano, e ancor più si servirono delle casupole sparse nella zona, davano maggior sicurezza. In tutta l’area si crearono trincee, gallerie, camminamenti, Crespano si fece parte attiva nella battaglia del Solstizio, con il sacrificio di molte  vite umane.

Per aggiornare la viabilità si dovette metter mano all’eredità di Antonio Canova da Possagno, che il grande artista lasciò al fratello monsignor Giovanni Battista Sartori.

La bellezza del territorio suggerisce escursioni e qualche osservazione

-al Castegner dea Madoneta, un parco custodito dagli Alpini, in cui si svolgono i festeggi paesani.

-Al Castelar, una punta rocciosa rialzata a dominare la valle del Lastego, il torrente che nasce dal Grappa, sfiora Crespano, dividendolo da Paderno; i due centri sono collegati dall’ottocentesco “Ponte del Diavolo”, le acque finiscono poi nel Musone. Lo sperone è stato livellato ai primi del ‘900, nel Medioevo su di esso s’innalzava il castello dei Da Crespano, vassalli degli Ezzelini.  

-Una bella passeggiata fino a Cima Grappa dove s’incontra dapprima la fattoria didattica Codibugnolo, poi seguendo le indicazioni la Sorgente 3 Busi dove apparve la Madonna, poi il Santuario Madonna del Covolo progettato dal Canova, (modello originale del Tempio di Possagno). Da qui si prosegue con il sentiero 105, una mulattiera percorribile tutto l’anno, che porta al ricordo del sacrificio dei (ragazzi del 99), che combatterono con altri soldati Italiani, Americani, Austriaci, Francesi, Inglesi, Polacchi, Tedeschi, Ungheresi, in quel luogo simbolo della Grande Guerra. E qui c’è un monumento importante: il sacrario,

l’ossario militare della prima guerra mondiale, che ospita le salme di oltre 12.000 soldati italiani e più di 10.000 austroungarici. Una volta all’anno ha luogo una sentita cerimonia di commemorazione per tutti i caduti sul Grappa, monte che si può ben definire, sacro alla patria. Annesso, c’è il Museo della Grande Guerra.

-Villa Filippin Fietta, data dalla prima metà del ‘500, la famiglia se ne serviva come dimora estiva. Ricevette alcune migliorie nel Settecento: la facciata, la grande scalinata, le barchesse, le scuderie, e la realizzazione dei giardini dov’è un vero trionfo offerto dalle piante di cedro. Oggi la villa è proprietà dell’Istituto Filippin che ha gestito l’Istituto Alberghiero intestato a “MAFFIOLI”, già  premiato come miglior istituto alberghiero d’Italia.

Abbiamo fatto menzione della buona lana che se n’esce da Crespano; ma non c’è solo quella: dai buoni pascoli derivano poi eccellenti formaggi. Qualche giorno fa sono  andato a fare una partita al Golf “I Salici” a Treviso. Il mio gioco non è tanto buono, ma quel giorno ero illuminato, ho giocato bene, e sono andato a premio. E questo, con mia piacevole sorpresa, è stato una bella scatola con quattro tipi di formaggio, del Caseificio Montegrappa, appunto di Crespano: il “DURO”, il “15.18”, il “MORLACCO” e il “BASTARDO DEL GRAPPA”. Quattro specialità della tradizione veneta, che ho apprezzato moltissimo per il genuino gusto, il profumo.                    Paolo Pilla