La bella notizia è che Giandomenico Mazzocato ha vinto ancora, per chi tra i nostri lettori non lo conoscesse e dubitiamo ci sia qualcuno non lo conosca, nel dubbio, giusto per non “sbordare” fa piacere dilettarsi nel più classico dei “copia ed incolla” per dargli il lustro che merita “ … e par quanto che se lustra, credéme, no se riesse a farlo splender quanto che el sémerita”, essì, è il caso di dirlo nell’amatissima lingua veneta (dichiarata da tempo immemore patrimonio immateriale UNESCO) ma anche giusto per una ripassatina…
Ha frequentato il liceo classico Antonio Canova di Treviso, parliamo dall’ottobre 1960 al giugno 1965.
Dal 1970 ad oggi è stato dovente al Liceo e fino all’università, la sua più sentita professione è lo scrittore, leggere per credere, ma aggiungerei anche il fotografo, dote naturale, congenita; poche persone, come lui, sono in grado di cogliere, fissare e rendere immortalai scatti su attimi di vita o di semplice luce che a leggerli (esatto, trovo siano poesia anche le sue immagini) ti lasciano con il fiato sospeso…
Ovviamente è laureato in lettere, classiche, con tesi su uno scrittore borderline come Teofilo Folengo. Racconta le storie del profondo Veneto tra fine Ottocento e inizi Novecento, ne scrive troppo poche tanto sono intense e dura poco l’attimo fuggente della lettura. Il suo primo romanzo è stato “Il delitto della contessa Onigo” che ha colpito subito, ricevendo il premio Gambrinus Mazzotti, l’ultimo pare sia “Il delitto sulla collina proibita. Ha pubblicato anche tre volumi di liriche. Tutta la sua opera (in particolare la narrativa) è rintracciabile nel suo sito, www.giandomenicomazzocato.it. Ma scrivo e con grande successo anche per il teatro. Il suo “Mato de guera” (un testo sul primo conflitto mondiale) ha ricevuto premi ovunque e (da secoli seculorum) rappresenta l’Italia in festival all’estero. Come fotografo ha pubblicato “Per mercatini nel Veneto” dedicato ai mercati dell’antiquariato della sua regione e ha firmato i testi per libri fotografici di altri. E’ anche rinomato traduttore della grande storiografia latina (Tacito e Tito Livio) e dell’opera del poeta Venanzio Fortunato, del quale ha anche scritto una biografia romanzata. Per non farsi mancare nulla ( farvi capire meglio lo spessore e l’unmiltà dell’Uomo, è un apprezzatissimo giornalista sportivo, si occupa soprattutto di rugby, leggerlo è a dir poco una panacea. Colleziona macinini da caffè dei quali, giusto per non farsi mancare nulla ha fatto due grandi mostre nazionali, una a Treviso e l’altra negli spazi museali della Rocca di Dozza alle porte di Bologna.
E’ studioso di agiografia e in particolare della figura di san Martino.
Nel suo sito c’è una sezione ampia a dedicata a questo grande Santo, con spazi anche per le tradizioni a lui legate.
Ama viaggiare in camper (è stato ben tre volte a Capo Nord) e nel suo sito ci sono molti dei suoi diari di viaggio, a chi ama viaggiare è consigliato farne uso…
Ha insegnato a lungo: università di Verona, scuola media di Istrana, liceo Giorgione di Castelfranco, Liceo di Berto di Mogliano, Liceo Leonardo da Vinci di Treviso. Ha svolto e svolge ancora attività di conferenziere e di editorialista per molti giornali, difficile trovare spazio a sedere quando è nota la sua presenza. Sempre cortese, sorridente, disponibile a chiunque, infatti, chi vuole ricevere periodicamente le sue news con tutte le mie attività può richiederlo al suo indirizzo di posta elettronica: giandoscriba@giandomenicomazzocato.it
Gian Domenico Mazzocato con il suo “Il loro nome è già urlo” (editoriale Programma) vince anche il premio internazionale Cibotto di Rovigo, dopo il premio della giuria al concorso letterario Parco Majella che si tiene ormai da 25 anni ad Abbateggio.
In provincia di Pescara, il piccolissimo comune (appena 400 abitanti) è tra i borghi più belli d’Italia. Vive un incredibile rigoglio culturale. Il premio, presieduto da Antonio Di Marco, ha avuto quest’anno come presidente di giuria l’accademico ed ex viceministro agli esteri Lapo Pistelli e come madrine Grazia Francescato e Paola Gassman. Con due lettori di eccezione come gli attori Alessia Patregnani e Domenico Galasso.
Mazzocato ha ricevuto il premio, come si legge nella motivazione, per aver saputo coniugare l’amore per la propria terra a memorie ancestrali e ai riferimenti lontani e vicini del suo mondo culturale.
E ora, a Rovigo, un nuovo prestigioso riconoscimento, il premio intitolato a Gian Antonio Cibotto, lo scrittore, giornalista e critico di Lendinara che è stato un indimenticabile cantore della sua terra. Il suo “Scano Boa” è un libro importante nel panorama letterario del Novecento italiano.
Nel gruppo di versi in cui, nel chiuso e nella costrizione imposti dalla pandemia, Mazzocato rievoca i suoi viaggi si respira con lui un’ansia di andare, di conoscere, di affratellare popoli ed esperienze diverse. Mazzocato rivisita gli spazi dei suoi vagabondaggi, l’Armenia pastorale, le isole selvagge del nord, il Meridione d’Italia dalla ritualità atavica.
E l’amata Treviso, ridotta a deserto. Mazzocato fa rivivere il farwest urbano della sua infanzia, le stradine del centro, attorno alla Pescheria e al portico dei Buranelli.
È l’ “Elegia per Treviso”: “Qui, prigioniero e straniero a me stesso, / precario / ti penso vuota, mia città / mio grembo, mia tenera culla. / Mio gioco, mia scuola / in vicoli angusti, / dilatati, tuttavia, e praterie. // Solitudine intride l’andare lento / di Sile e Cagnani. / Ti amo, mio luogo / di silenzio, plumbeo mantello / e fragile. // Le chiese e le piazze, / Tomaso l’immenso / e come ti vide Dante / liquida e luminosa, / altera e dolce. // Osterie mute / silenzio antico e fondo / canta nelle piazze / flebile, nitido / respiro secolare. // Il mistero della storia / che siamo e per sempre. // Ponte de pria / che vuol dire pietra. /che resiste. Ti amo”. Nella clausura dell’isolamento si muovono anche le letture amate. “Moby Dick, il grande romanzo di Herman Melville, è la lettura della mia vita, una bibbia laica. L’uomo in caccia dei suoi fantasmi. Ma allo stesso tempo da loro perseguitato. Così, mi sono a mia volta, imbarcato sulla Pequod, la baleniera del capitano Ahab, alla ricerca del gigante bianco”.
Ad Abbagnatico, l’attore Domenico Galasso, a rappresentare la poesia di Mazzocato, ha scelto la lettura della lirica “Autobiografia” in cui si esplora la fatica dell’uomo a rappresentare il senso della propria presenza sul pianeta: “Essere fiume della propria storia, / lento o feroce. / Ancor prima della follia che generò gli dei, / l’uomo era voce di sé, / disadorna e dura. Vera”.
“Il loro nome è già urlo” raccoglie dunque versi nati o rielaborati durante la pandemia e si avvale della prefazione di una delle voci altissime della poesia italiana contemporanea, Loretto Rafanelli. Poesia degli affetti e dei legami, come l’ha definita il poeta bolognese. Parlando alla figlia Miriam lontana e irraggiungibile per il blocco totale, Mazzocato parla di bivi e di scelte: “Allora, amore mio, / è cieco il bivio giorno dopo giorno. / Ma lo affrontiamo tenendoci per mano. / E questo davvero conta e dura / perché entrambi sappiamo / che il labirinto vero / (quello da cui non si evade / quello crudele e tragico) / non ha muri ed è il deserto.”
Mazzocato di recente ha vinto anche il più antico e prestigioso premio per la poesia in lingua veneta, l’Aque Slosse di Bassano del Grappa, con la lirica “Aqua”. Mazzocato racconta divertito la vicenda di quei versi. “Ero andato a Venezia per consultare dei libri alla biblioteca del Correr, ma l’acqua alta mi ha bloccato.
Che altro aggiungere, se non, al piacere di darne notizia e dargli la soddisfazione che merita, le più vive congratulazioni ed il più sentito a presto sentirlo, ascoltarlo e leggerlo.
Per chi avesse piacere di contattarlo, siccome è un intellettuale di rara sensibilità, disponibilità e siamo convinti ci tenga, ripubblichiamo il suo indirizzo mail: giandoscriba@giandomenicomazzocato.it