Volendo scorrere un po’ la storia, capire cosa e chi c’era nei tempi andati in questa terra, ricordiamo che mille anni prima di Cristo la zona dell’attuale Carbonera era abitata dai Paleoveneti o Venetici, o “Heneti” dai Latini, traduzione del greco “Ἐνετοί”, il cui significato, come riferisce Omero, è “degni di lode”. Popolo mite, di origine indoeuropea, che aveva la sua cultura articolata e la sua lingua, il Venetico.
Proprio nell’area dove ora sorge villa Passi, esisteva un Castelliere. Faceva parte questo, di una serie di terrapieni chiamati nel Veneto anche “Motte o Mùtare”, erette in modo da poter facilmente osservare altri punti, e comunicare con altre postazioni. Erano orientati con gli astri, e fungevano anche da orologio solare. La loro vicinanza al fiume Sile e a Treviso, significò per i Romani il far passare la via Claudia Augusta, ed erigere un Castrum.Un evento interessante domenica 4 giugno, finalizzato a far conoscere la singolare bellezza espressa dalle numerose ville e dai parchi esistenti nel nostro Paese. Nell’ormai collaudato “Rendez-vous aux jardins” d’iniziativa europea, cui partecipano in parallelo 20 Paesi dell’UE, il Veneto poteva godere di un momento felice, non disturbato dai disagi del maltempo che ha colpito altre Regioni, e con i giardini in piena fioritura. Nel Veneto, molto interesse c’è stato per le Ville Venete, e in particolare a Treviso, per Villa Tiepolo Passi di Carbonera. Al tempo della Serenissima, tra il XIV ed il XV secolo, gli aristocratici veneziani erano attratti dalla campagna e dalle colline della Marca Trevigiana, e quando divenne opportuno investire le loro ricchezze, acquisirono ampi territori a garanzia di maggior approvvigionamento di cibo e di allargamento della sicurezza militare, ed ebbero scelta facile: la vicina Marca.Nacquero così le “Case de Villa”, case cioè di campagna, in cui il signore abitava nel periodo legato alle coltivazioni: poteva seguire il lavoro e i raccolti, provvedeva cibo e creava benessere. Fabbricati a chiara vocazione agricola. Dapprima i magazzini, i granai e le stalle, in un secondo tempo la casa padronale e le barchesse, erette nello stile del Palladio. Furono antesignana rivoluzione agraria. Ve ne sono oltre tremila, di queste ville nel Veneto, 3 807 per l’esattezza, distribuite nelle varie Province.
Quelle del Palladio sono celebri in tutto il mondo, e tutelate dall’Unesco. E con esse i giardini, che il “grande architetto” considerava “la campagna ben ordinata”. È la provincia di Treviso a possederne il maggior numero, 787, alcune tutelate dall’Istituto Regionale Ville Venete. Nel pittoresco paesaggio della Marca Gioiosa et Amorosa, chi ama storia e architettura può scoprirne tante, e ammirarne le opere degli artisti veneti, che le hanno rese ancor più famose. Ho avuto il piacere di andar a conoscere Villa Tiepolo Passi, risalente ai primi anni del ‘500, quando la famiglia Tiepolo si dedicò all’acquisto di terreni. Storicamente va inserita nel contesto di quello “Stato da Tera” voluto dalla Repubblica Serenissima. La villa era abitata soltanto nel periodo estivo, nel tempo dei lavori agricoli e del raccolto. In epoca napoleonica la proprietà passò alla famiglia veneziana dei Valier, per finire da ultimo ai Conti Passi de Preposulo, antica famiglia di origine bergamasca che tuttora vi abita, grandemente impegnata a prendersene cura. Nel corso dei secoli, la villa ha continuato a conservare il nome Tiepolo, insieme a quello del proprietario, quando cambiato, per l’importanza del contributo dato dal celebre pittore.
Nella visita, guidata da un colto accompagnatore a tratti sorretto dal proprietario conte Passi, ho potuto godere di tante cose: la bellezza discreta dell’impianto, le statue, le fontane, il parco. Seicento anni fa il territorio fu bonificato, il suolo sistemato, valorizzato sotto l’aspetto agricolo. Ho apprezzato particolarmente il Parco con gli alberi secolari, gli straordinari antichi tigli dalle dimensioni di quelli che i Venetici consideravano sacri, e che come narra la storia, sotto la loro ombra i saggi si raccoglievano per prendere le decisioni impotanti. Oggi la Villa è un’azienda agricola biologica, ho avuto la possibilità di acquistare i prodotti del brolo. Ho fatto bene a comperarmi doppia dose di asparagi verdi, che come suggeritomi dal conte Passi ho mangiato dopo semplice bollitura, senza nulla scartare. Buonissimi! Dal Palladio impariamo che il giardino della Villa è “la campagna ben ordinata”. Ecco che, la gioiosa Marca, costellata di mille ville e relative coltivazioni, prende il nome di “Giardino di Venezia”. Parallelamente, il rumore che proviene dalla campagna circostante crea la “musica da giardino” La pianta architettonica della villa ha continuato a essere quella del palazzo veneziano, con atrio molto grande (chiamato portico) a due ingressi, ricco di affreschi riguardanti i componenti della famiglia, alberi genealogici, stucchi decorativi. L’ambiente atrio era riservato all’amministrazione dell’azienda, da qui si dipartono più scale che portano al piano nobile, che ha la stessa pianta dell’atrio sottostante, ma che è ancor più decorato, con affreschi a tema diverso. Attorno al salone c’erano sala da pranzo, camere da letto, biblioteca. Al di sopra due eleganti logge, ad uso della servitù, per indagare sul corretto funzionamento del salone destinato oltre che ai balli, anche alle riunioni di tipo aziendale o ad altro intrattenimento. L’ultimo piano ospitava la servitù. Nel perimetro del sedime della villa è inserita una chiesetta settecentesca con pregiate pitture di contenuto religioso di Giovanbattista Canal, nipote del Canaletto, che affrescò la Cappella Gentilizia secondo i canoni della scuola dei Tiepolo pittori (1775). Due sono gli ingressi, uno per la famiglia e uno per gli abitanti del contado. Questi prendevano posto sui banchi, ai membri della famiglia erano riservati gli spazi con grate ai lati dell’altare, da cui potevano assistere alla messa non visti. A ogni fine stagione, alla conclusione dei raccolti, nella chiesetta tuttora consacrata, si tengono funzioni religiose di ringraziamento. Talvolta è anche possibile acquisire l’indulgenza plenaria.
Lo spazio antistante l’ingresso principale della villa, pavimentato con grandi pietre rettangolari, veniva adoperato fino a non molto tempo fa per battere il frumento. Qui c’è anche una importante fontana, che aveva usi decorativi ma anche pratici. Tra l’altro, per l’allevamento degli avannotti che, una volta grandicelli, venivano posti nel corso del rio Piovensan che fungeva da peschiera, e che, circondando la villa, provvedeva ai bisogni idrici. Nel ripulire il rio, si pescavano numerose anguille, che finivano in “ tecia”: era una festa annuale, a cui partecipavano tutti i componenti del contado. Ho potuto ammirare anche l’ingegneria delle acque che, percorrendo livelli diversi, servivano alle coltivazioni e agli usi degli abitanti. Ruote con sei metri di diametro per sollevare l’acqua del rio e portarla in villa, giochi con le chiuse dei canali che irrigavano il giardino, scherzi negli anfratti della grotta. Quest’ultima, a livello un po’ inferiore, ospitava la ghiacciaia, che ancora oggi suscita interesse. Il raffrescamento era ottenuto con un particolare giro di aria e di acque. Nella rivisitazione della villa, è prevista anche la rimessa in pristino stato del vecchio modo di generare il freddo. Va ricordato che gli antichi Veneti erano esperti nell’arte idraulica: attuarono le prime canalizzazioni e arginature dei fiumi, colonizzarono i terreni paludosi di fondo valle. E che dire poi del Magistrato alle acque, nella sua validissima funzione durante la Serenissima Repubblica. Due ampie barchesse assolvevano i compiti legati alla custodia e alla lavorazione dei prodotti dei campi, e a dare ospitalità ai lavoratori della campagna. Anche le cucine sono in una delle barchesse, l’uso moderato della villa non prevedeva infatti le cucine. A visita conclusa, mi sono dissetato con l’acqua di Carbonera, Comune ancor oggi privo di acquedotto: acqua di falda a temperatura costante di 13°, e di grande qualità, buonissima, prima di brindare con l’ottimo Prosecco prodotto in Villa, e ringraziare il conte Passi per le cure che riversa a tanta bellezza. Paolo Pilla