Una persona a me cara, e di spessore culturale, mi ha chiesto di parlare di Ceneda. Sono lieto di farlo, in considerazione che era già nelle mie intenzioni rinfrescare la memoria, e rivedere il posto.
Due erano i borghi che costituivano l’abitato: Ceneda e Serravalle, complementari, collegati reciprocamente ad integrarsi, autonomi ma formanti un’unica entità. Insieme, nel 1866, con il plebiscito che sancì l’annessione al Regno d’Italia di queste terre passate dapprima all’Austria e poi alla Francia, formarono la città che fu chiamata Vittorio in onore del Re d’Italia. Fu nel ‘23 che fu aggiunto la voce Veneto, a significare l’importanza avuta da questa Regione, per la vittoria sugli austroungarici. Vittorio Veneto, appunto, medaglia d’oro.I due centri originari hanno comunque continuato ad essere il punto di riferimento della nuova città, ed è lì infatti, che viene scritta la storia.
Dopo i trascorsi venetici d cui si hanno scarne notizie, Ceneda crebbe con l’avvento di Roma. Fu Ducato Longobardo, con autorità su vasto territorio dal Brenta alle Alpi Carniche. E divenne anche importante contea vescovile. Nel 903 gli Ungari devastarono il Veneto, anche Ceneda subì distruzioni, mentre Serravalle, che poté contare sulle fortificazioni, fu risparmiata. Nel 951 al vescovo di Ceneda fu riconosciuto il titolo di conte da Ottone I, e nel 994 Ottone III donò al vescovo Sicardo, la città di Oderzo e l’intero territorio. “…dal Piave al mare, poi sino alle marine lungo il fiume Montegano sino alla Piavicella e da lì alla Livenza, dalla sorgente alla foce con la terra di Oderzo e le pievi circostanti”. Nel 1089 il Vescovo Aimone, conte di Ceneda, dona il feudo ai da Camino, che la tengono senza interruzione fino al 1335. Confiscano anche il castello di Serravalle, la potenza del Vescovo si riduce. Alla fine, la Serenissima mette tutto sotto la sua spada. Serravalle ha anch’essa origini romane, nasce come presidio militare, a difesa di Ceneda e della Val Lapisina. Si evince dal toponimo che fa intuire scopi militari. La valle rappresentava importante via commerciale, ma significava anche pericolo per invasioni. Fortificata dai barbari, e divenuta nel 1174 feudo dei Da Camino, Serravalle viene recintata con tre ordini di mura, con dodici torri, di cui ancor oggi se ne rinvengono i resti. Sotto il dominio della Serenissima (1337-1797) conosce un periodo di grande splendore, testimoniato dalla bellezza ed eleganza dei palazzi e delle piazze.
Da questo veloce excursus si può capire la rilevanza storica che ebbe questo territorio.
Oggi è un piacere andar a vederle da vicino queste bellezze, questi monumenti, questi panorami, in quell’aria buona, assaporare la loro storia. Sono tante le cose da vedere a Vittorio V.to, la città andrebbe visitata con calma. Ne trattiamo alcune:
-Sicuramente è d’obbligo una visita al Museo della Battaglia, inserito nel cinquecentesco palazzo della Comunità di Ceneda, in cui sono custoditi i cimeli della guerra dell’esercito italiano contro quello austro-ungarico durante il primo conflitto mondiale, che significò la fine della guerra. Il museo utilizza un linguaggio multimediale, in varie aree espositive, con particolare riguardo alla vita comune, alla vita in trincea, e all’armeria. La grande mole di reperti non consente una totale esposizione, in ogni percorso è tuttavia presente un elenco dei materiali su cui è possibile cercare approfondimenti.-l’imponente cattedrale di Santa Maria Assunta edificata sui resti di altre due chiese: la prima del VII secolo distrutta nel 1199, la seconda di impianto tardo romanico, anch’essa completamente distrutta nel ‘700, e avvicendata dall’attuale in stile neoclassico, che funge da diocesi. Eccellenti gli arredi interni: dipinti del quattrocento, altare settecentesco in marmo di Carrara, statua in pietra di San Tiziano del 1508. Il campanile, romanico, è stato costruito nel 1261, si erge là dov’era la torre di difesa. – vicino alla cattedrale, una volta superata la fontana cinquecentesca, si trova una bella villa, costruita nell’ottocento sul declivio del Monte Altare, nel cui parco visitabile, è collocata una statua a ricordo del musicista Lorenzo Da Ponte.-numerose sono le chiese, edificate nel ‘300 e nel ‘700, dov’è possibile ammirare oli e affreschi a soggetto religioso.
-il castello di San Martino a Ceneda, sede vescovile da oltre mille anni. Per gli abitanti del 1500, il castello aveva un ruolo fondamentale. Già fortificazione a all’epoca dei Longobardi e dei Franchi, Ceneda ebbe illustri ospiti: tra il 500 e il 900 due sovrani francesi, poi il re d’Italia Lotario 1° figlio di Ludovico il Pio, Federico Barbarossa che a causa dei cattivi rapporti tra il Papa e l’imperatore non venne accolto al castello, ma fu comunque ospite del Vescovo. Nel Settecento il Castello accolse letterati e artisti. Nel 1866 il Regno d’Italia confiscò i beni ecclesiastici, e così anche il Castello di Ceneda. Sei anni dopo si verificò una potente scossa di terremoto che lo danneggiò seriamente, fu sistemato solo parzialmente, e il governo pensò bene di restituirlo al clero. Il Vescovo Sigismondo Brandolini lo restaurò radicalmente, ebbe ancora qualche difficoltà, ora è visitabile.
– Il palazzo Minucci-De Carlo costruito a partire dal 1596 per volere dell’Arcivescovo di Zara Minuccio Minucci in stile tardo rinascimentale, con accanto la Cappella palatina in stile barocco. Monumentale lo scalone che conduce al piano nobile. Tele settecentesche narrano di Alessandro Magno. Da questo spazio si aprono quattro porte simmetriche che conducono alla grande organizzata cucina di particolare interesse, alla sala da pranzo, alle camere da letto.
È molto bella Serravalle. Dal punto di vista estetico è un gioiello. Una piccola piazza, tuttora si rimane d’incanto nell’osservare l’estetica dei palazzi uno diverso dall’altro, i ferri battuti dei poggioli, i portoni d’ingresso in legno, vere e proprie sculture. Il tutto esprime eleganza e gusto raffinato, che la rendono preziosa. Cerchiamo spesso il bello in altri lidi, ci sta, ma è giusto non perdere il gusto del bello che abbiamo a casa nostra.
IMMAGINI PROVENIENTI DALL’ARCHIVIO FOTOGRAFICO DI VITTORIO VENETO
Paolo Pilla