Sono stato alla vernice di DONNA IN SCENA al Museo Santa Caterina, una mostra promossa dal Comune di Treviso, dedicata alle donne, che nel 900 hanno saputo mettersi al “centro della scena”; mi ha fatto rivivere qualche momento del passato.
C’erano state le suffragette, a vincere le prime battaglie per la conquista del protagonismo, la possibilità di votare, l’indipendenza economica, la parità di genere. In seguito, molte donne sono riuscite a dimostrare capacità e tenacia, talvolta meglio degli uomini. Gli artisti che le hanno ritratte a cavallo tra l’ottocento e il novecento sono stati i migliori del momento. Il curatore della mostra, Fabrizio Malachin, è riuscito a far apparire quest’aspetto dell’eccellenza femminile, esponendo centotrenta dipinti, anche di dimensioni ragguardevoli, con i migliori abiti e oggetti
legati alla donna che voleva emergere, e ci riusciva: nel lavoro, nello sport, e soprattutto nell’esprimere la femminilità. Tra i molti, Malachin ha dato particolare spazio a Boldini, Selvatico, Martini, che compaiono nel titolo della mostra. Sono molti gli artisti di quel tempo che si sono dedicati a ritrarre le donne, e spesso i loro accessori alla moda come ventagli, borsette, cappellini, traendone fortuna.
Questi, sono di certo i migliori.
Alcuni nudi sono bellissimi, qualche volta con una certa spinta all’erotismo, ma sempre lontani, in assenza, di volgarità.
C’è anche da dire che questi ritratti erano richiesti agli artisti dalla società, proprio a sfondo sensuale, e che proprio per questo venivano pagati bene.
Sono tre piani da gustare. Tra i capolavori, si fanno strada talvolta i manifesti Salce, a dare spazio agli sport praticati dalle donne, a cavallo, in bicicletta. All’inizio del percorso si è attratti dalla pianta di Treviso, molto grande, di Antonio Monterumici datata 1917, che svela i particolari architettonici della città in via di sviluppo. Vien poi data rilevanza a tre artisti di cui si celebra quest’anno, l’anniversario della scomparsa: Lino Selvatico, Giulio Erler, Alberto Martini: tre veneti legati al fascinoso ritratto femminile.
-Lino Selvatico, trevigiano nato a Venezia, si specializzò soprattutto nel ritratto. A lui è dedicata una retrospettiva nel centenario della morte, avvenuta a seguito di un incidente in motocicletta. Il padre Riccardo, è stato il fondatore della Biennale. La famiglia ha lasciato ai Musei Civici di Treviso 70 dipinti e centinaia di disegni, al Museo Bailo è sempre esposto il suo forse più bel capolavoro: il “Ritratto di Teresa Lorenzon”, grande olio datato 1923. Numerosi privati e istituzioni partecipano alla mostra, tra cui i Musei veneziani. Sono un po’ velate di malinconia, le opere di Lino Selvatico.
-L’opitergino Giulio Ettore Erler, si dedicò agli impressionisti, specialmente a Monet e a Renoir. Il conoscitore vede facilmente il passaggio dal liberty al suo stile, che subì l’influenza dei veneziani. È molto bello il ritratto della signorina Rita Tibolla, (olio su tela), noto anche con il titolo di “Signorina con cane”, e l’altro interessante olio su tavola “Pescheria a Treviso”. Erler si dedicò anche all’arte sacra, un bell’esempio è la venerata Madonna fra spire d’angeli nella chiesa di Caorle. Si sentiva particolarmente attratto dal sacro, e sono tante le chiese, ma anche case private del trevigiano, e non solo, a ricevere ornamento da suoi soggetti sacri. Fece anche l’insegnante, nella scuola frequentata anche da me, l’Istituto Jacopo Riccati di Treviso.
-L’altro è Alberto Giacomo Spiridione Martini, anche lui di Oderzo. Figlio di una gentildonna trevigiana, era di estrema riservatezza, dovuta a un’adolescenza severa ma capace di pungente vena satirica. Fu grande disegnatore dell’uomo nel suo rapporto con la natura: contadini al lavoro nella campagna trevigiana. Dotato di grande abilità grafica, si dedica a fare illustrazioni per “La secchia rapita” di Alessandro Tassoni. Oltre cento disegni degli eroi in chiave comica, deliziosi, che lui definì “…una curiosa sfilata di soldatacci mangiati dalla fame e pidocchiosi…”. Ammiratissimo il ritratto della marchesa Luisa Casati del 1912, e forse ancor più le illustrazioni in inchiostro di china, le cartoline della serie Danza Macabra. Proprio di recente ho potuto ammirarne alcune di queste chine in casa di un collezionista privato; suggestive, le ho molto apprezzate per i soggetti, e per la grande precisione del tratto.
Abbiamo avuto grandi artisti nella nostra terra veneta! Paolo Pilla