È fiume magico il Sile, è poesia! Sensazione di magia si ha già nel trovarsi a camminare tra quei boschetti, dove inizia la sua corsa di superficie. Senti il terreno sempre più molle, finché ti imbatti in una polla, modesta, che subito sparisce, poi un’altra, e un’altra ancora. Le acque rompono, la terra si sta sgravando, il Sile è venuto alla luce, piccolino. La terra aveva conosciuto il Piave lontano da qui, sui monti. È stato un amore felice, poi un lungo periodo di gestazione. Ora comincia a sgambettare il Sile, si guarda intorno, saltella, è contento, sorride. Rimane in bilico sul terreno con le braccia al vento, in breve è un lungo filamento. Cresce in fretta, è sempre più bello. Ancora qualche chilometro, e il suo corso diventa navigabile.
È da ricordare come avviene la formazione di questo fiume che, diversamente dagli altri. non trae origine dalle cascate di una catena montuosa. Dalla montagna in giù, il terreno a nord del trevigiano è formato da ghiaie, da terreni permeabili. S’imbeve delle acque meteoriche, e scende nella falda sottostante a unirsi con quelle dei fiumi, in particolare del Piave, acque che hanno già lasciato la superficie. Arrivate a Casacorba, le acque che scorrevano sulle falde freatiche trovano l’argilla, e son costrette a risalire, perché qui il terreno è impermeabile: ecco escono le polle sorgive, i “fontanassi”, e si forma il fiume di risorgiva.
È qui tra Torreselle e Casacorba quindi, che nasce il Sile; non è un fiume lunghissimo, poco meno di cento chilometri, ma è il fiume di risorgiva più lungo d’Europa. È bellissimo, ed è protetto dall’ente “Parco regionale” lungo tutto il suo corso, fino a Portegrandi, seppur che la sua foce maggiore non è più lì. Nel ‘600 infatti, la Serenissima ne deviò il corso, facendo trasferire la maggior parte della sua acqua sul vecchio letto del Piave, che era stato deviato più a est. Ecco allora che il suo ultimo tratto è detto Piave Vecchia, foce che divide il litorale di Jesolo da quello di Cavallino. Il bacino idrografico è sana risorsa di acqua potabile; importanti marche d’acqua minerale attingono alle sue falde. Estate o inverno, la sua portata è costante, fino alla città di Treviso non ci sono mai state tracimazioni.
Permette colture ortofrutticole di eccellenza come l’asparago bianco, il peperone, il Radicchio Rosso di Treviso, e anche specialità ittiche come lo Storione del Sile e l’Anguilla. E poi gli alberi, che alimentati dalla ricchezza d’acqua lo scortano a difesa sua e dei suoi silenzi.
Silis. Qui silet. Scriveva nel ‘500 lo storico letterato Bartolomeo Burchiellati; Sile, fiume del silenzio. Forse da ciò il nome Sile. Come il suo corso che è sempre calmo, dall’origine alla foce. Le alberature che lo scortano, aiutano anch’esse il silenzio.
La portata costante ha permesso in passato l’insediamento di numerosi mulini, utilissimi un tempo per macinare il grano.
Oggi non servono più, ma è piacevole incontrarne qualcuno rimasto. È piacevole immagine di piccola archeologia industriale.
Giunto a Treviso, il Sile non passa all’interno del centro storico, corre tranquillo a fianco delle mura, fasciandole con acque limpide. Avvolte le mura, trova e si unisce a suo fratello, il Botteniga, figlio anch’esso del Piave, ma con l’apporto di qualche altro. Diviso nei vari Cagnani, questo serpeggia nella città, a rendere Treviso città d’acque.
Per godere appieno la bellezza del Sile non c’è di meglio che percorrerlo con un’imbarcazione, piccola o grande che sia. A remi a nord di Silea, a motore a sud. La sinuosità offre spesso visioni inaspettate di panorami, piante, borgate, antiche ville, e uccelli. A nord di Treviso Interessante è già “La Porta dell’Acqua”, un percorso ciclabile e pedonale che si snoda in prossimità delle risorgive. C’è poi l’oasi naturalistica del Mulino Cervara, un isolotto all’interno del Sile, oggi museo etnografico. Quel mulino era presente già nel ‘300.
A Santa Cristina di Quinto vale la pena fare un salto in chiesa, e ammirare la Pala di Lorenzo Lotto. Fra Treviso e Venezia il Sile ha rappresentato un’importante via di comunicazione, in particolare per il trasferimento delle merci. Accanto al fiume, da Treviso fino alla laguna, erano le “restere”, cioè gli argini rinforzati su cui i buoi trainavano i “burci” (grandi barche da trasporto), taluni ancora visibili come relitti abbandonati, nel “Cimitero dei burci”. Ci sono ancora le “restere”, sono diventate un bel percorso ciclabile lungo il fiume: il Gira-Sile, giunto ormai di fama internazionale, perché inglobato nella Monaco Venezia, 560 chilometri forniti di servizi: da Monaco di Baviera scende a Innsbruck toccando località bellissime, passa per Cortina, raggiunge Treviso, da qui entra nelle “restere” del Gira-Sile, e giunge a Venezia.
La Riviera è suggestiva, per la flora e per la fauna. Molto attraente il tratto da Treviso a Casale sul Sile, dove incontriamo una decine di ville che al sopraggiungere dell’estate i facoltosi veneziani raggiungevano, per godere la campagna.
Facciamo un accenno a Villa Carlotta, voluta nel ‘600 dai nobili Brolo – Lanza. Il complesso, adagiato sulla sponda del “ramo morto” del Sile, ha un parco ricco di piante pregiate, su cui trova posto l’oratorio e la barchessa. Negli anni dal ’44 al ’48 la villa fu sede dell’ospedale civile di Treviso, che a causa della guerra dovette lasciare la città.
Un po’ oltre, a Lughignano, c’è Villa Barbaro ora Gabbianelli realizzata tra il ‘400 e il ‘500 a cura di Caterina Cornaro. Agli inizi del ‘900 ebbe un periodo di abbandono, divenne deposito agricolo. Su interesse di Bepi Mazzotti fu salvata dalla demolizione, ora è forse la più bella villa che si affaccia sul Sile. La facciata principale presenta al piano terra una grande loggia, su colonne con capitelli gotici.
A Casale sul Sile c’è la Torre Carrarese, interessante, romanica, unico edificio rimasto del fortilizio medievale, che i da Camino utilizzavano negli scontri contro i Veneziani, il castello fu raso al suolo.
Ma ora, il Sile fa sognare, A dare più forte magia al bel fiume ci sono le Anguane.
Figure mitologiche, sono streghe buone. Donne bellissime, legate alle acque sorgive che loro stesse mantengono limpide. Preferiscono uscire di notte, ma io le ho viste anche di giorno, emanavano fascino, mi hanno incantato. Erano uscite a sollazzarsi, ballavano il flamenco in riva al Sile. C’era anche Melusina, la più celebre delle Anguane del Sile, affascinante, non avvicinabile, sfuggente. Ti ammalia con i suoi lunghi capelli biondi, ti concede di andarla a trovare in sogno. Paolo Pilla
Le immagii dei vedutisti mi sono state gentilmente rese dsponibili dallo studio “Antichità Brunello” di Treviso