Sistemata tra i due fiumi, proprio là dove le acque del Monticano vanno a raggiungere la Livenza, per poi sfociare insieme in quel di Caorle.

La parte del toponimo, di chiara derivazione dal fiume, fu aggiunta con l’annessione di Motta al Regno d’Italia. L’origine della prima parte è invece meno certa, ma di sicuro è legata alla terra. In veneto motta ha significato di rialzo del terreno, di piccolo poggio, creato o meno dall’uomo, che al tempo dei venetici serviva da osservazione o per far segnalazioni. Qualcuno sostiene che Motta abbia il significato di Palude, lo si evince dalla sua frazione Malintrada, il cui toponimo indicherebbe esser proprio l’accesso alla palude della “Motha”. Io penso più ragionevole la derivazione da terreno rialzato: in tutta la Gallia cisalpina erano presenti,  ed  essenziali per i Venetici, i Castellieri (vedi anche la Mutera di Colfrancui). Sulle origini del territorio risalente ai periodo del bronzo, ci sono poche testimonianze.La Livenza lo divideva in due aree di diversa estrazione etnica e culturale: si sa che sulla riva sinistra

erano i Celti, a destra i Paleoveneti. All’arrivo dei  Romani si unirono pacificamente tra loro, s’integrarono. Con la realizzazione della strada Postumia, nel 148 a.C., i Romani costruirono un ponte sulla Livenza che unì le due sponde, e l’agglomerato crebbe di statura e di valore, divenne luogo di mercato.

Caduto l’impero romano, gli Eneti costruirono un castello, per riparo dalle scorrerie degli Ungari, alla confluenza dei due fiumi; quel castello, da tempo non c’è più.

Dopo dei Longobardi, la sponda destra del fiume fu invasa dai Franchi, a cui seguirono i Vescovi di Ceneda, poi i Da Camino; quella di sinistra la ebbe il Patriarca di Aquileia, con l’odierna prediale Lorenzaga “Curte Laurentiaca” oggi frazione di Motta, terra friulana legata a Concordia. Quella di destra a Opitergium. Gli abitanti di entrambe cercavano una loro autonomia. Il 20 gennaio 1204, a Lorenzaga si riuniscono il Patriarca di Aquileia, i Vescovi di Ceneda, di Concordia e di Belluno, l’Abate di Sesto, e i Legali del Comune di Treviso, per decretare la pace di quest’ultima con il Patriarcato di Aquileia. Pochi lo sanno, ma questo contratto stipulato in ambito mottense, è considerato il reale atto di nascita della Marca Trevigiana. Nel 1291 Motta si offre spontaneamente, a Venezia, la prima nel territorio; per questo il Doge la definirà “Figlia primogenita”. Dal momento che la Serenissima la prende sotto le sue ali, l’area  cresce d’importanza, e si hanno più chiare notizie sulla sua storia. Nel 1388 il Doge la eleva a Podesteria, e Motta diviene città.

Trent’anni dopo, nella cruenta battaglia tra Motta e i magiari di Sigismondo d’Ungheria, i veneziani la salvano, schierando sul Livenza tre galee e altre navi armate. La Livenza era quindi navigabile, il suo porto fluviale, oggi minuscolo pressoché inesistente, permetteva lo scalo delle merci che, sbarcate, proseguivano poi via terra.

 Il fuoriuscito fiorentino che si era messo al soldo del Re d’Ungheria Sigismondo, invade Motta nella sciocca credenza che i Trevisani si ribellassero a Venezia per l’attaccamento ai da Camino. Non era così! In realtà Motta, e  gli abitati limitrofi come Lorenzaga, conobbero bene le lotte terribili dei Caminesi e degli Ezzelini, e i travagliati momenti  tra la Serenissima e i Patriarchi d’Aquileia. I Caminesi erano sempre pronti alle armi, e nel popolo era forte il timore di coinvolgimento. Era bene che il territorio si liberasse da Carraresi, Ezzelini, Scaligeri,e quant’altri avessero mire. La Podesteria Mottense, che  arrivava fino San Donà di Piave, subì l’avanzata prima dei Turchi, poi della Lega di Cambrai. Il suo fiume fu sempre avamposto di difesa della Marca Trevigiana, la difese eroicamente, e Venezia la proclamò “figlia prediletta della Repubblica”. Dopo un breve periodo di tranquillità nel gennaio del 1348 fu funestata da uno spaventoso terremoto, a cui seguì una terribile epidemia di peste nera giunta a Venezia dal mare, da un porto già infetto. Sbigottiti dalle tragedie, e rimasti immuni, gli abitanti fecero erigere  la Basilica,

che ancor oggi è frequentata da molta gente, fedeli provenienti anche da lontano. A quel tempo, la Livenza segnava il confine tra le due aree, la prediale Lorenzaga “Curte Laurentiaca” oggi frazione di Motta, apparteneva al patriarcato di Aquileia, e veniva citata come terra friulana.

La Marca Trevigiana estendeva il suo territorio dal Musone alla Livenza, e Motta fu sottoposta al dominio dei da Romano, degli Scaligeri, dei da Carrara, finché nel 1291 passò alla Serenissima. Primo territorio di terraferma a darsi spontaneamente a Venezia, il Doge la nominò “figlia primogenita della Repubblica”. Gli scontri con la lega di Cambrai, non la distolsero dalla fedeltà verso Venezia. Sotto la sua protezione Motta ebbe vita felice, fu il suo periodo migliore. La città crebbe, si sviluppò attorno al Castello, fu abbellita, i nobili veneziani si costruirono le ville in campagna. Fu eretto

il Duomo di San Niccolò

Stefano Marson

vicino al quale fu valorizzato l’antico nucleo di case oggi consacrate alla cultura: come la “Loggia”, che ospita la Collettiva dell’Accademia di Belle Arti.

Caduta  Venezia, Motta subisce il passaggio di Napoleone, e la conseguente spoliazione dei suoi tesori. Arrivano gli austriaci, poi di nuovo i Francesi, e Motta poté riallacciarsi a Lorenzaga.

Le due guerre mondiali la feriscono crudelmente. Durante la disfatta di Caporetto fu occupata per un intero anno dalle truppe austroungariche. Nel ’66, a seguito di piogge straordinarie, la Livenza ruppe gli argini e lasciò la città otto giorni sott’acqua. La dedizione degli abitanti, ancora una volta la rigenerò. Oggi è una città dinamica, salda alle proprie radici. Sede della Forania mottense, il Duomo, edificato nel ‘500, ha al suo interno tante opere d’arte: Sansovino, Pordenone, Pomponio Amalteo, Palma il Giovane. È bello il battistero, e molto apprezzato l’organo Callido, restaurato nel 2022.

Il santuario Madonna dei Miracoli del 1510, è stato dichiarato monumento nazionale.

Al suo interno fa bella mostra la pala dell’Assunta di Palma il Giovane. È molto bello il chiostro.

Il Toresin, del ‘500, un tempo l’antica porta Trevisana da cui passava la Postumia, faceva parte

del nucleo medievale fortificato; oggi il sottoportico è divenuto piacevole accesso alla piazza.

Ha avuto personaggi celebri Motta, tra questi va ricordato il grande musicista Andrea Luchesi, maestro di cappella presso la corte di Bonn, dove seguì il giovane Ludwig van Beethoven; Pompeo Molmenti, professore all’Accademia; tra i suoi allievi, Guglielmo Ciardi.

Nell’ottocento c’erano a Motta moltissimi dipinti antichi, facenti parte di una collezione del grande medico, professore Antonio Scarpa.

La pinacoteca, comprendeva opere di Mantegna, del Piombo, Gentileschi. Gli eredi se ne disfecero vendendoli ad un’asta, oggi sono sparsi per il mondo nei musei, e presso collezionisti.                                                   Paolo Pilla

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La pubblicazione delle immagini mi è stata gentilmente concessa da MAURIZIO VENDRAMINI alias Memi, dal sig. NILO CARRER, dal sig. STEFANO MARSON, e dalla signora PAOLA GHIRARDI deus ex machina del Circolo La Loggia, a cui va il mio ringraziamento. Paolo Pilla