È un Comune molto piccolo, tuffato nelle colline della pedemontana del Grappa, vicinissimo ad Asolo. La parte nota delle sue origini risale all’epoca medioevale, oltre che da Monfumo il territorio comunale è composto di un’altra frazione, Castelli, le due località nel XII sec. erano entrambe feudatarie di Treviso. Erano governate nelle rispettive piazzeforti corrispondenti pressappoco alla situazione attuale, da due distinte nobili famiglie feudatarie: l’una i Maltraversi, l’altra i De Castellis, già conti di Lussemburgo, entrambe si innalzarono due possenti manieri.
Durante il conflitto che nel ‘200 vedeva l’armeggiare tra Guelfi e Ghibellini, i due gruppi parteggiarono per questi ultimi. Assecondarono poi gli Scaligeri, che erano in lotta contro i Caminesi di parte Guelfa appoggiati dai vescovi di Treviso e Feltre. Insomma, un po’ di complicazioni. Non seguitarono tuttavia a lungo, perché intervenne la Serenissima, a sopprimere il regime feudatario. Il governo venne assunto dai veneziani, a mezzo del podestà di Asolo. Nell’800 però, la situazione era destinata a continui stravolgimenti. L’odierno comune di Monfumo era stato costituito nel 1810 durante la dominazione napoleonica, scorporando il territorio da quello di Asolo. Negli anni venti del 900 il Comune fu abrogato, e la località fu nuovamente associata ad Asolo. Ma non era finita, perché nel 1945 Monfumo tornò ad essere Comune autonomo.
L’ambiente è suggestivo, la natura è particolarmente rispettata, c’è la buon’aria, il tutto favorisce un agriturismo finalizzato al riposo, alla ripresa fisica e mentale. È più d’uno il significato del toponimo, il più probabile è legato all’esigenza di usare il fumo per comunicare lontano in quel territorio di colline e boschi, sia che si trattasse di segnalazioni legate alle battaglie, che di altre necessità.
Per la difficoltà nella lavorazione del terreno collinoso, qui non è possibile un’agricoltura meccanizzata. Fino al secolo scorso erano validi l’allevamento di bestiame e la produzione di eccellenti prodotti caseari, conseguenti alla bontà dei pascoli. Monfumo è comunque in grado di offrire eccellenze alimentari: castagne, nespole, miele, formaggi, funghi, mele antiche, oltre a manufatti di varia natura. Per quanto attiene alle mele, Veneto Agricoltura ha messo in atto un progetto finalizzato al recupero di antiche varietà che trovano qui un territorio particolarmente vocato. In concorso con l’Istituto agrario, sono state assegnate ai coltivatori del posto diciotto varietà di mele da reintrodurre nelle zone collinari, per riprenderne la produzione.
È molto frequentata la “festa della mela”, ha luogo a settembre, è voluta proprio per far conoscere quei frutti, e i prodotti dell’artigianato. E poi la natura e il clima riescono a far del sito una zona vantaggiosa per la coltura dell’olivo. Viene tanto bene, e Monfumo è entrata orgogliosamente a far parte delle “città dell’olio”.
Il ridotto numero degli abitanti non permette uno sviluppo industriale, ma è valido l’artigianato: nel settore calzaturiero tutta quella parte di pedemontana è specializzata da sempre nella produzione dei vari tipi di scarpa. Qualificata poi è qui un’azienda che produce cucine in legno, curatissime. Oltre che molto ben fatte, sono avvicinabili nel prezzo d’acquisto. Soddisfazione riceve anche dalla lavorazione del “cotto”: si producono tegole, e un particolare intonaco il “Sabbia Monfumo”, i cui componenti (calce naturale, sabbia di fiume e polvere di marmo) permettono di stendere accuratamente mattoni e pietre faccia a vista.
Una visita merita la parrocchiale settecentesca, edificata sulle rovine della primitiva chiesetta che sorgeva sul colle dov’era eretto il castello. Al suo interno conserva pregevoli lavori, tra i quali la pala d’altare raffigurante San Nicola vescovo, il dipinto del soffitto di Noè Bordignon, due angeli scolpiti da Pasino Canova (detto Perin), il nonno di Antonio Canova. Il campanile è ricavato dalla torre del cinquecentesco maniero. È bello il panorama dietro la chiesa, che mette in cornice la frazione Castelli, il massiccio del Grappa, la rocca di Asolo, e buona parte della pedemontana.
Nel ‘600 fu edificata villa Cà Corniani con sul retro l’oratorio, divenuta oggi abitazione privata.
Anche la frazione Castelli ha la sua chiesa edificata dov’era l’antico maniero. Una parete esterna ha l’inclusione funeraria del conte De Castellis e della moglie, e visibili brandelli di pietra del cenotafio del 1255 a loro dedicato. E anche per questo campanile, costruito nell’800, sono state utilizzate le pietre di una torre del maniero.
Nei pressi c’è Valle di Monfumo, che ricorda l’antico Collaldior; con questo strano nome veniva chiamato l’Uditore di Curia. La proprietà del sito era un tempo destinata a costui, serviva per il suo sostentamento.
Ancora qualche passo, e troviamo Forcella Mostaccin, da dove il panorama sul territorio del Grappa è completo. A 10 chilometri c’è Maser, dove trionfa villa Barbaro, e qui il Palladio seppe adeguare la maestosità del fabbricato alla bellezza della natura.
A Castelli manca un vero e proprio centro abitato, il paese che si sporge sulla Valcavasia è formato da minuscole borgate, diffuse. Le più interessanti Costa Mattia, Era Grande, e Le Mandre.
L’oratorio del ‘300 eretto nella piazzaforte dell’originale feudo, presumibilmente cappella funeraria dei De Castellis, lasciò il posto ad una chiesa rinascimentale che crollò con il terremoto, e fu ricostruita nel ‘700. Fu gestita dai Canossiani, che possedevano anche una corposa villa veneta, il settecentesco Palazzo Bressa, “la dimora”, utilizzata come noviziato. Paolo Pilla